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Ultime notizie da Amarena, Juan Carrito e gli altri orsi

L’opinione dello zoologo Paolo Forconi

Amarena è tornata a casa. L’orsa del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise è diventata famosa nella primavera del 2020 per aver partorito quattro orsacchiotti gemelli. Come prevede l’orologio biologico degli orsi, si è separata dai figli intorno al 19 aprile, nella zona di Ortona dei Marsi. Era già seguita da un maschio adulto, e quindi pronta per accoppiarsi di nuovo. Qualche settimana prima, correndo un grave ed evitabilissimo rischio, l’orsa e i suoi figli avevano traversato la A25 Roma-Pescara tra Pescina e Carrito, sfruttando le cattive condizioni delle recinzioni dell’autostrada. Qualche giorno dopo Tiziano Iulianella, imprenditore agricolo di Pescina, ha raccontato sui social di aver avuto “il piacere di una visita” da parte di Amarena e dei figli, per “una colazione superiore a una qualsiasi colazione da Tiffany”, e ha ringraziato per “il privilegio di aver visto a pochi metri questi animali bellissimi”. 

Dopo il distacco dai figli, e dopo una lunga serie di predazioni a polli, conigli e pecore nei comuni di Gioia dei Marsi, Collarmele, Pescina, Ortona dei Marsi, Scanno e Goriano Sicoli, tra il PNALM e il Parco Sirente-Velino, nelle valli della Marsica sono maturate le ciliegie. Amarena è tornata verso sud-est, a rimpinzarsi dei suoi frutti preferiti accanto ai borghi delle valli del Sagittario e del Giovenco. Le predazioni, di conseguenza, si sono notevolmente ridotte. Oggi l’orsa ha sette anni e mezzo. Nel 2016, la sua passione per le ciliegie l’ha fatta battezzare con “Amarena” da parte degli abitanti di San Sebastiano dei Marsi. Nei giorni scorsi, all’alba e al crepuscolo, è stata fotografata e filmata più volte mentre faceva scorpacciate di ciliegie coltivate e selvatiche. 

Almeno tre dei figli di Amarena frequentano la zona di Ortona dei Marsi, e anch’essi amano molto le ciliegie. Il quarto giovane orso ha avuto dei comportamenti diversi. Ha visitato più volte i paesi, ed è stato catturato dal personale del PNALM, che grazie a una convenzione con la Regione Abruzzo segue gli orsi anche fuori dall’area protetta. L’orsetto è stato dotato di un radiocollare e battezzato Juan Carrito. A giugno ha destato seria preoccupazione il suo ingresso in un giardino di Collarmele, dov’erano due bimbi piccoli. Per allontanarlo da casali, pollai e altre fonti di cibo legate all’uomo, guardie e carabinieri forestali hanno fatto ricorso a una “dissuasione energica”, a base di petardi e proiettili di gomma. 

L’opinione dello zoologo Paolo Forconi

Lo zoologo Paolo Forconi segue la situazione degli orsi marsicani da anni. Originario delle Marche, oggi residente a Pescasseroli, si è occupato a lungo dei lupi del Parco dei Sibillini, e ha seguito le peripezie di Ulisse, un giovane orso maschio che una decina di anni fa si è spinto fino all’Umbria e alle Marche. Dal 2020, Paolo monitora gli spostamenti di Amarena e dei suoi quattro orsacchiotti, producendo una notevole quantità di materiale video e di foto. E’ stato lui, un anno fa, a proporre i nomi di Callisto e Ganimede per i due maschi, e di Europa e Annamaria per le femmine. 

Il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, però, ha ignorato il suggerimento, preferendo utilizzare chiamare Juan Carrito l’orsetto radiocollarato. Si tratta del più piccolo dei quattro, quello che l’anno scorso era stato chiamato Ganimede. A volte è stato visto insieme a una sorella, con cui gioca. In questi giorni anche il maschio più grande, Callisto, frequenta il territorio di Ortona dei Marsi.

La dissuasione con proiettili di gomma, per allontanare gli orsi confidenti dai paesi non ha quasi mai funzionato” spiega Paolo Forconi. “Il protocollo, che è stato elaborato qualche anno fa dal PNALM e approvato dal Ministero dell’Ambiente e dall’ISPRA, prevede la prevenzione con recinzioni elettrificate, e la comunicazione con i residenti. Solo dopo sono previste azioni dirette e violente”. A Collarmele, ai piedi del Sirente, Juan Carrito è stato prima oggetto di dissuasione con proiettili di gomma e petardi, e solo più tardi è stata indetta un’assemblea nella piazza del paese” continua lo zoologo. Circa dieci giorni dopo sono stati installati dei recinti elettrificati, ma ormai l’orsetto si era spostato verso Ortona dei Marsi. Il rischio è che Juan Carrito, come altri orsi trattati in questo modo, non cambi abitudini alimentari ma si sposti verso altri paesi, diventando più aggressivo”. 

Nell’estate del 2020, mentre tutta Italia si commuoveva davanti allo spettacolo di Amarena e dei suoi cuccioli, Luciano Sammarone, direttore del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, ha ricordato che si trattava di una situazione potenzialmente critica. La presenza di quattro cuccioli abituati a frequentare i paesi sarebbe potuta diventare un problema serio. Per tre dei piccoli la profezia non si è avverata, ma per Juan Carrito sì.

Per far restare gli orsi negli ambienti naturali, senza che si avvicinino ai paesi, oltre alla dissuasione, è necessario fornire loro del cibo nei boschi, in alcuni periodi critici e di breve durata” spiega Paolo Forconi. “Si possono lasciare frutta, o carcasse di cervi e caprioli investiti sulle strade, e di bovini e cavalli morti per cause naturali, dopo un’analisi veterinaria che consenta di essere certi che non ci siano malattie o veleni. I veterinari, però, non si prendono volentieri questa responsabilità”. 

Un altro problema, che molti paesi dell’Appennino non affrontano, è quello dei rifiuti urbani. “Sul piano delle Forme presso Pizzone, sul piano della Guardia di Lecce nei Marsi, accanto intorno al Lago Pio a Villalago, al bosco di Sant’Antonio a Pescocostanzo, ho fotografato cassonetti non svuotati in tempo, e che erano stati rovesciati dagli orsi” continua lo zoologo Forconi. “In zone così ricche di fauna i cassonetti dei rifiuti non ci devono essere. Oppure, anche nei paesi, devono essere a prova di orso”. 

L’ultima questione posta da Paolo Forconi è quella dei radiocollari. “Oggi il PNALM e le altre aree protette li usano per seguire i movimenti degli orsi. Dovrebbero farlo per brevi periodi, uno o due anni al massimo, invece li lasciano a lungo (l’orsa Gemma ha il radiocollare da circa 8 anni ed è ormai scarico), e questo può creare dei problemi”. L’orsa Ura, radiocollarata per 10 anni, non si è mai riprodotta e ha il collo completamente rovinato dal radiocollare. Peppina si è riprodotta solo quando non aveva il radiocollare. Giacomina ora ha circa 8 anni e non si è mai riprodotta” spiega lo zoologo. “Due possono essere le ipotesi” precisa Paolo Forconi. “La prima è che qualcuno abbia imparato a intercettare le frequenze dei radiocollari e, vada in cerca delle tane dove le orse partoriscono, creando un disturbo molto serio. La seconda è che la dissuasione, a cui sono soggetti questi individui, provochi uno stress molto elevato”. Il PATOM, il Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano, approvato undici anni fa, dev’essere aggiornato sulla base dei dati e delle pubblicazioni scientifiche più recenti” conclude Forconi. L’ultimo censimento genetico degli orsi marsicani risale al 2014, e sembra che il prossimo sia stato ulteriormente rimandato fino al 2023. Invece, sulla base delle indicazioni del PATOM, bisogna verificare quali attività non sono ancora state svolte, e individuare gli enti responsabili”.  

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