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Il futuro delle Alpi si studia a Davos

In occasione della Giornata Internazionale dell’Ambiente, il mondo si è concentrato su un tema sensibile: il ripristino degli ecosistemi. Un obiettivo complesso, che può essere considerato possibile soltanto laddove sia ancora ipotizzabile una inversione di marcia. Il surriscaldamento globale, abbiamo avuto modo quest’anno di ribadirlo più volte, sta ormai portando gli ambienti di alta quota a modificarsi sempre più velocemente. A dircelo sono in particolare le sentinelle del clima, i ghiacciai. Senza andare lontano, in Himalaya o tra i ghiacci polari, abbiamo modo con i nostri occhi di vedere i rapidi mutamenti degli ambienti montani sulle Alpi. I ghiacciai stanno arretrando e scomparendo progressivamente davanti ai nostri occhi. Gli eventi estremi, sempre più frequenti, sono accompagnati da fenomeni quali alluvioni e frane, che comportano spesso conseguenze sociali e economiche. Qual è dunque il futuro delle Alpi? Possiamo ancora agire per frenare questo processo degradativo ambientale?

Allo scopo di fornire risposte e soluzioni a tali quesiti, a partire da gennaio 2021 è entrato in funzione un nuovo centro di ricerca alpino, fondato a Davos, in Svizzera nel Cantone dei Grigioni dal Federal Research Institute for Forest, Snow and Landscape (WSL), che ha già una sua base a Davos, insieme al Governo del Cantone. Progetto che vede coinvolto anche il Politecnico di Zurigo (ETH Zurich) con due cattedre universitarie.

L’annuncio della creazione di questo nuovo centro, nel cuore delle Alpi Svizzere, è stato dato circa un anno fa, con l’intento di assumere nuovo personale (circa 40 posizioni), pronto a intraprendere le ricerche nel 2021.

“Se abbiamo a che fare effettivamente con rischi naturali, è necessario acquisire conoscenza in merito, per mettere in campo soluzioni innovative. Questa è l’unica via che abbiamo per consentire alla gente di vivere e lavorare ancora in montagna nel futuro a lungo termine”, dichiarava il 12 giugno 2020 il Direttore del SLF, Jürg Schweizer, durante la conferenza stampa di presentazione del progetto.

Cosa si studia a Davos?

Sono 6 le aree tematiche che vedono oggi impegnati i ricercatori a Davos:

  1. Meteo e eventi estremi sulle Alpi
  2. Permafrost
  3. Remote sensing e strumenti per riconoscere in anticipo hotspot a rischio
  4. Movimenti di massa (dissesto idrogeologico)
  5. Ecologia montana
  6. Risk management, risk communication e resilienza

Naturalmente simili ricerche costano. Il finanziamento base per i prossimi 12 anni sarà attorno ai 6 milioni di euro annui (2 milioni dei quali giungeranno come contribuo del Cantone, 3 del WSL e 1 dell’ETH Zurich). Una cifra che si stima possa coprire le attività base.

“Il centro effettuerà ricerche fondamentali sugli aspetti scientifici e sociologici delle 6 aree tematiche – si legge nella scheda descrittiva del centro di ricerca – . Definito in tal modo un quadro complessivo dei processi più rilevati, combinati con le previsioni future, promuoverà un rapido trasferimento di conoscenza tra gli esperti e i professionisti, nonché tra la Svizzera e le altre nazioni alpine, allo scopo di condividere conoscenze e buone pratiche.”

I primi esperimenti

La Radiotelevisione svizzera (RSI) ha mostrato nei giorni scorsi le prime immagini degli studi avviati a Davos nei mesi scorsi. Si parte dalle sperimentazioni sul campo, per fronteggiare il dissesto idrogeologico. Ciò che gli esperti tendono a sottolineare è che si miri a cercare soluzioni innovative e sostenibili per proteggere l’ambiente ma anche le infrastrutture e gli insediamenti di montagna. Come pianificare strade e spazi in futuro. Niente cemento, che ha dimostrato da tempo di essere ben poco idoneo a tenere in sesto una montagna. Davos viene definito dai ricercatori un laboratorio del cambiamento climatico. Basta aprire la porta dell’ufficio e salire in quota per vedere con i propri occhi gli effetti sull’ambiente alpino. Gli scienziati uniranno studi empirici e paralleli teorici per mettere a punto strategie per il futuro per prevenire le catastrofi. Una ricerca finalizzata dunque a una effettiva e rapida applicazione, per il bene non solo della Svizzera ma dell’intero arco alpino.

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