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Vivere alla Piramide dell’Everest ai tempi del Covid

Kaji è al Laboratorio Osservatorio Piramide all’Everest, si è alzato un po’ scocciato questa mattina perché per salire al lago dovrà usare gli scarponi pesanti e non le solite comode snickers: la coltre di neve di ieri è sicuramente rimasta nascosta e scivolosa dietro l’ombra dei pietroni del lago. Alla Piramide manca un po’ d’aria, in realtà quello che manca è la pressione dato che siamo a 550 hPa, circa il 54% rispetto al livello del mare e questo definisce i nostri ritmi lassù, ma non l’acqua. Però bisogna pomparla, almeno d’inverno, e il nostro acquedotto comincia da un bellissimo lago alimentato da uno sbalzo di ghiaccio bianco del Lobuche Peak, un cristallo liquefatto di acqua pura distante 500 metri a monte dalla Piramide. Kaji oggi al lago ha azionato la pompa elettrica e questo gli ha permesso di rifornire le cisterne della Piramide.

Al rientro, mentre aggirava la Piramide, è inciampato sul rubinetto di una di quelle immani bombole da 80 Kg lasciate da alcuni ricercatori americani in una situazione anomala e mai da loro risolta. Un regalo poco gradito di oltre una tonnellata per una decina di bombole. A Kaji è quindi venuto in mente il delirio che si sta vivendo con l’ondata di Covid proveniente dall’India, ogni giorno sente i notiziari sempre più preoccupanti. Al Nepal non manca solo l’ossigeno, mancano per primi i contenitori e Kaji era appena inciampato in una ottima opportunità per il suo Paese. Autorizzato da noi, si è messo subito in contatto con le autorità locali offrendo le bombole, se non arrivano dalle spedizioni arriveranno dalla Piramide.

Da oramai sei anni, cioè da quando mancano i fondi, Kaji è di fatto il manager tecnico locale e l’indispensabile guardiano della Piramide. Da allora ha passato tantissimo tempo al Laboratorio sacrificando la sua vita e quella della sua famiglia: ha sentito questa come la sua missione e noi lo supportiamo il più possibile. Quando ci scriviamo, sentiamo e vediamo via internet mi chiama “brother Peter“, fratello Pietro, ma quando deve esprimersi in modo ufficiale divento “Peter Sir”, Signor Pietro. Ci sono periodi in cui non vede nessuno oltre al suo aiutante, collaboratore e cuoco e allora mi scrive ironicamente “Ramri Baini chhoina”, niente belle ragazze, ma sicuramente arriva qualche yak che viene sempre per i rifiuti alimentari della cucina.

Questa Primavera doveva scendere a ritrovare la sua famiglia, ma ora mi ha confessato che si sente più sicuro lì a 5050 m, lontano da tutto. E aspetterà, con pazienza.

In questi anni i suoi figli sono cresciuti, hanno studiato e si sono sposati, una sua figlia è ora in Australia. Kaji, come noi, sta donando un pezzo della sua vita per questo progetto così affascinante. Ogni volta mi dice che ce la faremo, che ricominceremo, che lui vuole vedere la Piramide attiva e operativa, così come noi, che abbiamo dovuto cancellare una missione primaverile per il Covid. Aspetteremo l’autunno e allora lo riabbracceremo e saremo di nuovo insieme al lavoro a Lobuche.

Ad attendere Kaji c’è il monsone, con periodi freddi e umidi e la sera grigia, ma ci sentiremo sempre e dal lago inizierà a scendere un torrentello di acqua fresca, cosi fino ad ottobre non dovrà salire ad avviare la pompa. Ma allora, magari, per qualche volta ci andrò io.

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