Rifugi

I sette rifugi hi-tech più spettacolari delle Alpi

Di fronte al termine “rifugio alpino” la mente formula in maniera immediata una immagine di stampo tradizionale: quella di un avamposto in alta quota realizzato essenzialmente in legno e pietra, con un tetto a due spioventi, incastonato in maniera quasi mimetica tra le vette. Una immagine generale che può ben rappresentare la maggior parte dei rifugi alpini. Ma non la totalità. Sulle Alpi sta incrementando infatti il numero di strutture attente al design, talvolta così futuristiche da apparire bizzarre. Rilucenti tra le vette in virtù di un abbondante utilizzo di vetro e metallo. Scopriamo insieme alcuni dei rifugi “hi-tech” in cui è possibile imbattersi lungo l’arco alpino, vere e proprie opere di architettura contemporanea realizzate secondo i principi di efficienza energetica e sostenibilità.

Rifugio del Goûter

Il “Refuge du Goûter” è il rifugio più alto di Francia, posto a 3835 m di quota lungo la Via Normale francese di salita del Monte Bianco. La struttura, aperta nell’estate del 2013, è andata a sostituire il vecchio rifugio del Goûter, realizzato nel 1962 dal Club Alpino francese, che a sua volta andò a sostituire un piccolo rifugio dotato di sette posti costruito nel 1906.

L’involucro esterno è costituito da pannelli in inox, capaci di resistere a venti di 240 km orari e alle forti escursioni termiche, sopra i quali sono montati pannelli fotovoltaici e solari che producono il 20% del fabbisogno di energia elettrica e l’80% di quella termica tramite un impianto a biomassa. Un sistema combinato consente di recuperare al 100% le acque reflue. La struttura interna è realizzata secondo i principi costruttivi delle case passive, con pannelli isolanti di fibra di legno riciclato, fatti arrivare dal vicino comune di Saint Gervais per ridurre l’impatto ambientale.

Monte Rosa Hütte

La “Capanna Monte Rosa” (Monte Rosa Hütte), situata a 2883 metri di quota sul ghiacciaio di Garnergrot, sul massiccio del Monte Rosa nel territorio di Zermatt, è una moderna struttura ecocompatibile di proprietà del Club Alpino Svizzero, con una vista mozzafiato che spazia dal Monte Rosa al Cervino e sulla parete nord dei Lyskamm.

La forma particolare e l’involucro argenteo hanno portato la struttura a essere soprannominata “Cristallo di roccia”. Soltanto per la costruzione della struttura prefabbricata in legno è stato investito un intero anno, partendo da un progetto dello “Studio Monte Rosa” del Politecnico di Zurigo realizzato con la collaborazione del Club Alpino Svizzero e frutto di un progetto realizzato da EMPA, Istituto Nazionale Svizzero.

Presenta impianti domestici ed energia gestiti da un software sviluppato presso il Politecnico di Zurigo. Il rivestimento in alluminio consente al rifugio di mimetizzarsi al meglio nell’ambiente circostante. Dall’alto appare come una pietra piatta, dal basso è facilmente individuabile da parte degli alpinisti che possono così orientarsi al meglio.

Rifugio al Sasso Nero

Il rifugio al Sasso nero è il rifugio più alto delle Alpi della Zillertal, situato a quota 3.026 m nel territorio di Valle Aurina (BZ). L’attuale struttura è stata realizzata tra il 2016 e 2017, in sostituzione del vecchio rifugio.

Il primo rifugio Vittorio Veneto al Sasso Nero, posizionato a quota 2922, fu aperto dal Club Alpino Tedesco della sezione Leipzig nel 1894, e da questo gestito fino al 1919. Da lì in poi fu occupato dallo Stato Italiano a scopi militari. Nel 1921 il Club Alpino Italiano rilevò il rifugio. Negli anni successivi la casa fu trascurata e solo dopo la seconda guerra mondiale, nel 1948, la sezione Vittorio Veneto la riaprì. In seguito agli attentati dinamitardi del “Comitato di liberazione dell’Alto Adige (BAS)” dal 1964 al 1972, il rifugio fu confiscato dalla polizia e trasformato in un posto di frontiera militare. Nel 1978 fu affidato nuovamente al CAI, sezione di Brunico e dal 1978 al Sig. Günther Knapp, che lo gestì senza interruzione per 40 anni fino alla costruzione del nuovo rifugio al Sasso Nero. La prima stagione della nuova costruzione è stata anche l’ultima di Günther Knapp. Nel 2019 il rifugio è stato affidato a Margit Ainhauser.

Il nuovo rifugio si configura come un corpo isolato che segue il pendio in discesa in un piccolo avvallamento del terreno. La pianta del fabbricato è di forma esagonale irregolare. Partendo dal piano terra, il corpo diventa più piccolo verso l’alto. L’intera struttura è stata realizzata in pannelli prefabbricati con tavole incrociate di abete rosso e dispone di un impianto fotovoltaico di 90 metri quadrati.

Rifugio Gonella

Il Rifugio “Francesco Gonella” o del Dôme è un rifugio di proprietà della sezione CAI di Torino in comproprietà con la sezione UGET Torino, situato nel comune di Courmayeur (AO), in val Veny, nel massiccio del Monte Bianco, a 3071 metri di quota. Rappresenta un avamposto per la poco frequentata e selvaggia salita al Monte Bianco lungo la normale italiana, la “Via del Papa”.

Si trova su uno sperone roccioso posto sopra il ghiacciaio del Dôme ai piede dell’Aiguilles Grises, laddove un primo rifugio era stato costruito nel 1891 per facilitare l’ascesa al Monte Bianco dal versante italiano. In origine si trattava di una semplice capanna in legno intitolata a Francesco Gonella, alpinista torinese. Nel 1925 il primo rifugio (l’attuale locale invernale) è stato ampliato e nel 1962 fu costruito un più ampio rifugio in muratura a fianco del precedente. Dal 2007 sono iniziati grandi lavori di consolidamento della zona in cui è costruito il rifugio durante i quali il fabbricato del 1962 è stato demolito e ricostruito ex novo. L’apertura del nuovo rifugio è avvenuta a giugno del 2011.

Cabane du Vèlan

Il rifugio, di proprietà del Club Alpino Svizzero, è situato sulla morena della riva sinistra del Glacier de Tseudet, a una quota di 2642 metri nel territorio di Bourg-Saint-Pierre, nel Basso Vallese. Si presenta come una moderna capanna che si erge fiera al cospetto del possente Grand Combin.

La costruzione in legno rivestita in metallo, la cui pianta ricorda la forma a mandorla della prua di una nave, sorge in posizione prominente sopra la strada del passo del Gran San Bernardo. La disposizione delle finestre sottolinea l’architettura ardita. É un ottimo appoggio per la salita alla vetta del Mont Velan 3731 metri. Si dota di 60 posti letto.

Rifugio Oberholz

Situato nel cuore delle Dolomiti, a quota 2096 metri nella località sciistica di Obereggen (BZ), il rifugio Oberholz è caratterizzato da un design moderno nel rispetto della natura che si inserisce perfettamente nel contesto ambientale all’ombra del massiccio del Latemar. Le ampie vetrate panoramiche dell’innovativo progetto architettonico puntano ad esaltare la bellezza dello scenario montano offrendo nel contempo un confortevole riparo. Tre salette aggettanti si affacciano a dominare la celebre pista Oberholz. I volumi aggettanti delle 3 verande, formalmente ispirate al tipico tetto a due falde, proseguono all’interno con ramificazioni curvilinee che, fondendosi in una struttura tanto complessa quanto compatta, vanno a formare le cosiddette “pockets”, piccole nicchie ritagliate nello spazio del ristorante.

L’esterno suggerisce invece l’immagine di un albero coricato eppure in crescita, con ramificazioni che dal versante si spingono sempre più in fuori. L’intera struttura è costituita da travature lignee, lasciate a vista negli spazi interni con l’intento di donare alla geometria curvilinea un impatto spaziale ancor più deciso. Gli spazi intermedi, variabili in dimensioni e distanza, sono rivestiti in pannelli di legno. L’intera facciata esterna è in larice, mentre la struttura portante e il rivestimento interno sono realizzati in legno di abete rosso.

A discapito del nome “rifugio”, anche per la comodità di accesso in seggiovia, la struttura non dispone di posti letto. Si presenta piuttosto come un panoramico ristorante in alta quota.

Kezmarske Hut

Il Kezmarske Hut rappresenta forse il più bizzarro dei moderni rifugi alpini. Un progetto nato sulla carta nel 2014 che ricorda nella sua forma il famoso cubo di Rubik. O senza scomodare Rubik, un cubo di ghiaccio.

L’idea, vincitrice del concorso internazionale Kežmarská Chata, nasce dall’ingegno di Martin Krupauer e Jiříi Střítecký, due progettisti dello studio di architettura ceco Atelier 8000. Si tratta di un ecorifugio da realizzare sugli Alti Tatra, al confine tra la Cecoslovacchia e la Polonia. Niente tetti spioventi, niente pietra né legno, solo un cubo traslucido in grado di gestirsi autonomamente in termini di consumo di energia.

Apparentemente caduto dal cielo o rotolato dai pendii circostanti, il cubo, infilato per una punta nel terreno, presenta delle facciate suddivise in pannelli quadrati di materiale riflettente, prevalentemente in alluminio, vetro e materiale fotovoltaico. L’inclinazione fa sì all’interno sia inevitabile sentirsi disorientati. I disegni del progetto mostrano un edificio di 5 piani, di cui uno interrato, completamente passivo. La forma non è casuale ma scelta per consentire la massima efficienza di utilizzo dell’energia solare.

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4 Commenti

  1. Sinceramente sono costruzioni moderne che mi piacciono molto.
    Però mi fa sorridere il fatto che vengano chiamate rifugi.
    Non so se ci passerò e ci entrerò, se lo farò sarà solo per vedere le soluzioni tecniche e non per altro: ho un concetto di rifugio molto diverso, molto essenziale.

  2. Questi nuovi rifugi rispecchiano il nuovo modo di essere alpinisti e andare per montagne: si da più importanza ad apparire che a essere.

  3. E’ l’architetto che aggiunge valore alla montagna o la montagna che da’ fama indiretta alle bizzarrie di un architetto?

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