Curiosità

7 cose che forse non sapete sul popolo Sherpa

Siamo erroneamente abituati ad associare il loro nome ai portatori che raggiungono i campi base delle montagne con carichi massacranti, alle guide che accompagnano le spedizioni commerciali fin sulle più alte montagne della Terra. Di loro abbiamo scritto molto lo scorso gennaio quando in 9 (insieme a Nirmal Purja che ha origini Gurkha) hanno raggiunto in prima assoluta invernale la vetta del K2. Stiamo parlando degli Sherpa, gruppo etnico che abita le montagne del Nepal. Scopriamo insieme qualcosa in più su questo popolo, sconosciuto sotto molti aspetti.

1. Il nome Sherpa

Il nome Sherpa significa “uomini dell’est” ed è un appellativo che si sono dati loro stessi per distinguersi dalle altre popolazioni nepalesi originarie del Tibet che i nepalesi chiamavano Buthia, con significato dispregiativo.

Il nome personale viene invece attribuito, al momento della nascita, dal Lama il capo spirituale buddista. È lui a decidere il nome in base a giorno e orario di nascita. In alcune località, come Namche Bazar, è comune che gli abitanti portino i nomi dei giorni della settimana (Nima: domenica; Dawa: lunedì; Mingma: martedì; Lakpa: mercoledì; Phurbu: giovedì: Pasang: venerdì; Pemba: sabato).

2. Una lingua con più influenze

La lingua parlata da questo popolo è lo Sherpali che rappresenta un mix tra tibetano e varie lingue locali dove figura anche il nepalese. Per la scrittura è solito l’uso del tibetano.

3. Adattamento all’alta quota

Il popolo Sherpa presenta tratti fisiologici comuni ai popoli andini. Un’alta capacità polmonare, assenza di iperventilazione e una grande concentrazione di emoglobina. Caratteristiche che consentono a questo popolo di adattarsi con facilità alla vita sopra i 3000 metri.

4. Prima il rispetto

Punto fermo della cultura Sherpa è il rispetto per l’essere umano e per la sua dignità. Un rispetto profondo che si incontra raramente in altre culture. Anche quando una persona si rende protagonista di comportamenti molto distanti dal codice morale ed etico questo non lo rende pubblicamente disprezzabile, o allontanabile dalla comunità. Quanto commesso viene visto come una faccenda puramente personale.

A caratterizzare la loro vita c’è la condivisione della ricchezza con i più bisognosi, lo spirito d’accoglienza e la generosità.

5. Una celebrazione senza balli

Tutti i peccati commessi vengono espiati nell’unica tra le celebrazione Sherpa senza balli, musiche e colori, la Nyugne. Le altre celebrazioni sono invece ricche di colori, musiche e danze.

6. La parola “vetta” non esiste

Nella lingua Sherpa non esiste una parola per dire “vetta”. Le montagne che avvolgono i villaggi dove sono cresciuti portano i nomi delle divinità che le abitano. Prima che arrivassero le spedizioni occidentali questo popolo non si sarebbe mai sognato di scalare gli Ottomila. Le loro straordinarie capacità di adattamento all’altissima quota sono state messe a frutto solo nel valicare passi oltre i seimila metri e nelle lunghe marce verso i villaggi più alti. Oltre questi a dominare la vita sono i demoni e gli spiriti delle montagne, per questo più si sale più si incontrano chorten e stupa. Spiegano la necessità di pregare per poter salire verso l’alto, verso la dimora degli dei.

7. La Puja

Per le ragioni spiegate prime gli Sherpa non iniziano mai una scalata senza prima celebrare la Puja al campo base. Una preghiera per chiedere alla montagna di lasciarli passare.

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Un commento

  1. L’ottava è che primi esploratori del Tibet sembrerà strano ma erano italiani di Cerignola ed erano i fratelli Pappalettera. Di cui uno anche privo della vista e conosciuto come un grande chirurgo.Furono loro indicando ai nativi che per ripararsi dal freddo, si mettevano attorno al collo la scerpa. Da li prese piede la definizione che a tuttora conosciamo.

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