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Addio a Silvio Jovane, il signore del Paretone del Gran Sasso

Per gli alpinisti, si sa, ci sono due temi difficili da affrontare e raccontare. La prima è il proprio declino fisico, che negli anni costringe a cimentarsi su itinerari via via meno difficili. La seconda, che capita molte volte nella vita, è la sconfitta, il dover rinunciare a una vetta o a una via. Silvio Jovane, che ci ha lasciato ieri a 86 anni e mezzo, il proprio declino da alpinista non lo ha voluto affrontare. Come Walter Bonatti, che aveva qualche anno più di lui, ha rifiutato la parabola discendente, e dopo la nascita dei suoi figli ha abbandonato la montagna e l’alpinismo. Da allora, e per decenni, ha concentrato la sua voglia di esplorazione e avventura in lunghi viaggi, quasi sempre fuori dalle rotte più battute. Negli anni, insieme alla moglie Marilena e ai suoi ragazzi, ha percorso le isole coralline del Mar Rosso, le coste della Somalia, il deserto del Teneré, le savane della Tanzania e del Kenya, le valli dell’Himalaya indiano, le rocce e i borghi dello Yemen. In Pakistan, ha percorso in mountain-bike la Karakorum Highway. 

Grazie al suo lavoro come tecnico all’Alitalia, Silvio Jovane è riuscito a ottenere spesso dei biglietti aerei gratuiti. Dopo l’atterraggio, si è spostato e ha soggiornato rinunciando alle comodità, e accostandosi alla gente del posto e alla sua vita quotidiana. Un modo di viaggiare molto lontano da quello dei tour organizzati, e che ricorda quello dei viaggiatori e degli esploratori britannici del passato, da Patrick Leigh Fermor a Wilfred Thesiger. Tra i luoghi dove Silvio ha lasciato un pezzetto del suo cuore c’è Yuldo, un villaggio dell’Himalaya indiano ai piedi della piramide di roccia e ghiaccio del Nun Kun, una vetta di 7135 metri. A questa valle remota è dedicato l’unico libro di Jovane, che è stato pubblicato nel 2014 dall’editore teramano Ricerche&Redazioni, e ha avuto una seconda edizione due anni dopo. Nelle pagine di Yuldo si trovano episodi di ascensioni in montagna, momenti di bellezza e paura vissuti in giro per il mondo, e numerose pillole di filosofia e di saggezza. Tra queste le riflessioni dell’autore sulla rinuncia alla vetta del Saraghrar, 7349 metri, nell’Hindukush pakistano, a causa di un malore. E sulla rinuncia, per non piantare qualche chiodo a pressione, a salire gli strapiombi della Torre d’Alleghe, una delle guglie più belle della Civetta. 

Per gli alpinisti di Roma e dell’Italia centrale, la scomparsa di Jovane è una grande perdita. Chi ha iniziato ad arrampicare sulle pareti del Morra, la storica falesia a due passi dalla città, ha affrontato con timore e rispetto la Silvio alta e la Silvio bassa, le due vie di sesto grado aperte negli anni Cinquanta dal nostro. Sulla parete Est del Corno Piccolo, al Gran Sasso, Silvio Jovane individua e supera negli anni Cinquanta due magnifiche vie di quinto e sesto grado, che restano anche oggi famose e frequentate. Sulla Via a destra della Crepa, arrampica con l’amico Franco Cravino. Su un passaggio strapiombante, si rivela decisivo un grosso chiodo che Silvio ha fabbricato con le sue mani. Sulla Via del Monolito, con i due romani, c’è Lino D’Angelo, guida alpina di Pietracamela. La vittoria dei tre è un abbraccio tra l’alpinismo dell’Abruzzo e quello di Roma. 

Il grande amore di Silvio sulle montagne dell’Abruzzo, però, è il Paretone, la gigantesca muraglia rocciosa con cui la Vetta orientale del Corno Grande precipita verso Isola del Gran Sasso e le dolci colline del Teramano. Negli anni Cinquanta, quando Jovane inizia a frequentarlo, esiste solo la lunghissima ma non difficile via tracciata nel 1922 da Enrico Iannetta e compagni. Negli anni, Silvio Jovane sale e scende dal Paretone molte volte, e ne descrive e ne crea la geografia. E’ lui a battezzare lo strapiombo giallastro della Farfalla e i quattro Pilastri che coronano la muraglia rocciosa. Porta la sua firma, insieme a quella di Gigi Mario, la prima salita del Secondo Pilastro, il più bello dei quattro. Nel febbraio del 1960, con Franco Cravino, Mario Lopriore e Carlo Alberto Pinelli, compie la prima invernale della parete. Sono una parte integrale di quelle avventure gli interminabili viaggi in motocicletta (una Triumph britannica, sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale) di Silvio e dei suoi compagni di cordata da Roma fino a Isola del Gran Sasso, toccando la Via Salaria, Rieti, Sella di Corno, il Passo delle Capannelle e Montorio al Vomano.      

Il mondo politico abruzzese si è unito al cordoglio degli appassionati di montagna. “Le sue imprese hanno fatto conoscere l’Abruzzo in Italia e nel mondo” ha commentato in un messaggio Marco Marsilio, presidente della Regione. “Jovane ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’alpinismo italiano, e per questo l’Abruzzo gli sarà sempre riconoscente e amico” ha aggiunto l’assessore Guido Liris.

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