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Prima discesa per Paul Bonhomme e Vivian Bruchez sulla Est del Combin de Tsessette

La felicità sperimentata con “La testa tra le stelle” non è bastata a soddisfare la voglia di discese di Paul Bonhomme che, approfittando delle condizioni ancora buone della neve, nonostante la primavera abbia fatto capolino da qualche settimana, ha disegnato con gli sci una nuova linea nel bianco delle Alpi. Una discesa che porta a quota 7/10 il suo progetto 10X, nato a gennaio con l’intento di realizzare 10 prime discese sull’arco alpino in una sola stagione. La nuova avventura, vissuta ancora una volta in compagnia di Vivian Bruchez, ha visto impegnato lo sciatore estremo sulla parete Est del Combin de la Tsessette (4135 m), nel massiccio del Grand Combin, in Svizzera. La nuova linea è stata ribattezzata “Les Piliers de Bagnes” (5.4(+)/E4/1200m).

Una linea immensa condivisa tra amici

“Les piliers de Bagnes, una parete vergine, una vetta di oltre 4000 metri, una linea immensa condivisa con l’amico Vivian Bruchez”, le prime parole a caldo di Bonhomme il giorno dopo l’impresa, realizzata lo scorso 1 aprile, il cui resoconto dettagliato giunge stavolta dai social di Vivian.

“Sono le 16, siamo seduti nell’erba nei pressi della Cabane de Chanrion, con il binocolo in mano, io e il mio amico Paul Bonhomme. Di fronte a noi i 1200 metri della Est del Combin de la Tsessette (4135 m). Una vetta che scopro essere a 45 minuti da casa mia. Si risale la valle dal villaggio di Fionnay, circa 15km lungo la diga di Mauvoisin, e poi si percorrono le gallerie scavate nella montagna per effettuare i lavori. Gallerie all’interno delle quali si percepisce il peso della storia degli uomini che vi hanno lavorato. Questa giornata già mi sta riempiendo e mi sento entusiasta all’idea di far scoprire un simile angolo alla mia compagna e ai miei figli”. Il nome della linea, che tradotto significa “I pilastri di Bagnes” nasce proprio come omaggio agli operai che lavorarono in quelle gallerie.

Immagini cariche di emozioni fin da principio quelle descritte da Bruchez, che torna alla scena di partenza, sull’erba intenti a studiare la montagna.

Cerchiamo di leggerla, tentiamo di trovare la linea che potrebbe permetterci di raggiungere la cima, con un giusto equilibrio tra rischi oggettivi (seracchi) e sciabilità. Paul ha già una visione precisa del suo itinerario, perché sono già 10 anni che l’idea gli frulla in testa. Ma resta aperto ad ascoltare il mio parere. Mostra una grande umiltà nei confronti dei suoi progetti, il che rende le nostre uscite molto più ricche di condivisione”.

Mezz’ora di analisi e l’itinerario prende forma. “16 e 30. Ci siamo, è deciso, sappiamo dove andremo domani”. Si dirigono così al rifugio. Incontrando “i sorrisi degli sciatori che percorrono l’itinerario Chamonix-Zermatt, amici guide alpine con cui scambiare quattro chiacchiere. Due gestori raggianti in un rifugio da poco ristrutturato”. Paul ha la brillante idea di raccontare del progetto per l’indomani al custode, che reagisce con volto nettamente perplesso. La Est non ha infatti mai visto impegnato in una discesa integrale uno sciatore. Informazione interessante è che il couloir nella parte bassa sia però stato sciato dalla guida della Valle di Bagnes, Marco Bruchez.

“Sveglia ore 2:00, si parte”. I due raggiungono la base della parete per iniziare l’avventura lungo l’itinerario adocchiato il giorno prima. Ma la montagna si sveglia e una scarica di neve ci coglie mentre siamo impegnati ad affrontare un muro di ghiaccio”.

“Paul è proprio lungo l’asse della scarica, e si becca una bella doccia fredda ma resta solidamente ancorato con le piccozze. ‘La montagna ci ha parlato’, non è qui che troveremo la nostra strada. I nostri avvistamenti del giorno prima ci hanno motivati ad andare a vedere una alternativa. Ci riprendiamo e ci riorganizziamo. Siamo in ritardo sui nostri tempi ma le condizioni sono buone e stabili. Cerchiamo e troviamo la nostra via. Arriviamo in vetta alle 11. Felici di essere lì ci concediamo del tempo per ricaricarci di energie mangiando della salsiccia. Alle 11:30 iniziamo la discesa”.

Il ghiaccio impedisce di partire con gli sci dalla cima, per cui affrontano un tratto di disarrampicata e uno di calata in corda doppia, per poter finalmente iniziare a scivolare sul bianco alpino a 80 metri dalla vetta. “Affrontiamo una serie di magnifiche curve, senza perdere tempo e scendiamo rapidamente verso la base della parete. Un tratto di disarrampicata ci conduce alla porzione inferiore e al couloir di uscita”.

La felicità è immensa lì ai piedi della Est. Sono già le 13, “fa caldo, la neve si trasforma, la sentiamo fondere sotto i nostri piedi e qualche ‘woufff’ ci avvisa del pericolo. Restiamo vigili e diffidenti mentre raggiungiamo le gallerie della diga di Mauvoisin”. Arrivano alle gallerie alle 15.Possiamo finalmente dire di essere al sicuro, non c’è bisogno di parlare e nel silenzio torniamo verso valle“.

Il racconto termina con una scena ricca di tenerezza. “Al ritorno in macchina guida Paul. Io mi addormento profondamente come un bambino che si sia divertito a giocare all’aperto. Ciò che sperimentiamo lassù è molto più della semplice azione di mettersi gli sci ai piedi. Sono frammenti di vita che giorno dopo giorno costruiscono ciò che siamo”

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