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Strutture obsolete nel sito Dolomiti Unesco. Rimozione o rigenerazione?

Vecchi impianti dismessi, resti di case cantoniere, ponti, alberghi e ristoranti. Nel paesaggio lunare dolomitico sono innumerevoli le strutture obsolete, dismesse, abbandonate, oggi divenute fonte di deturpazione dell’ambiente. Da tempo oggetto di proteste da parte degli ambientalisti che ne invocano una rimozione per lasciare spazio alla natura, tali strutture sono da alcuni anni attenzionate dalla Fondazione Dolomiti Unesco che, in collaborazione con l’Università IUAV di Venezia, ne sta provvedendo a una capillare individuazione e catalogazione. Scopo della ricerca è la valutazione, per ciascuna struttura, di quali possano essere gli interventi più opportuni atti a mitigarne l’impatto sul paesaggio.

Il complesso concetto di obsolescenza

Perché non si procede a rimuovere i ruderi nella loro totalità senza porsi troppe domande? Perché, come spiega la Fondazione, “quando si tenta di dare una definizione univoca di obsolescenza, il tema si rivela complesso. Con quali criteri si può definire obsoleto un oggetto presente nel territorio? L’obsolescenza dipende dall’abbandono, dal degrado, dall’impatto visivo, o da un insieme di diversi caratteri? È una caratteristica propria dell’oggetto, o piuttosto dipende dal contesto?”.

“Studiare le strutture obsolete significa capire più a fondo le dinamiche che interessano il paesaggio dolomitico – prosegue la Fondazione – . Se le osserviamo come elementi di un sistema, e non solo come oggetti singoli, possono rivelarsi documenti interessanti di come l’uomo ha usato o sta usando la montagna. Inoltre, l’indagine può dirci qualcosa sui valori che vengono attribuiti al paesaggio dolomitico. Il termine ‘obsoleto’ contiene una sfumatura di senso negativo, indica qualcosa che è in contrasto con il contesto in cui si trova”.

Una ricerca sulle “STROBS”

Nell’ambito della Strategia Complessiva di Gestione del sito Dolomiti UNESCO, la Fondazione ha appunto affidato al Dipartimento di Culture del Progetto della IUAV, il compito di certificare le cosiddette “STROBS – STRutture OBSolete”. 

“La necessità di definire e classificare le strutture obsolete deriva da una specifica richiesta dell’IUCN, che già nel 2011, a seguito della visita ispettiva del Sito UNESCO delle Dolomiti raccomandava di individuarle”, chiarisce ancora la Fondazione.

I primi dati dal Bellunese

Di recente sono stati diffusi dal Corriere delle Alpi i primi dati relativi all’attività di certificazione operata dall’Università IUAV di Venezia (Responsabile scientifico prof.ssa Viviana Ferrario, assegnista dott.ssa Chiara Quaglia). Soltanto sulle Dolomiti Bellunesi sarebbero state certificate oltre 50 STROBS.

L’esito preliminare della catalogazione è stato sottoposto ai valutatori dell’Unesco a Parigi e ritenuto di estremo interesse. Nonostante la mappa dei siti obsoleti non sia ancora completa, la Fondazione richiede già una mobilitazione degli enti proprietari – pubblici e privati – per la rimozione o la riqualificazione delle strutture.

Ridare valore alle vecchie STROBS

“Non appena disporremo della nuova direzione – dichiara Mario Tonina, presidente della Fondazione – riprenderemo in mano questo capitolo e formuleremo delle ipotesi di intervento da suggerire agli enti locali e ai privati che hanno in carico questi beni. In taluni casi si tratta di una bonifica, in altri di una possibile rigenerazione, come è avvenuto per l’albergo al passo Tre Croci e la casa cantoniera di Cortina”.

Bonifica, rigenerazione. Concetti ben distanti da quello univoco di rimozione. La Professoressa Ferrario prova a spiegarne con maggior chiarezza le ragioni: “Le strutture obsolete non rispondono più agli scopi per cui sono state create, ma non hanno ancora subito processi di riappropriazione e riuso: si trovano insomma in uno stato ‘sospeso’, che può, in certi casi, anche diventare un’opportunità”.

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Un commento

  1. Il rischio, nel nostro paese, è che il suggerimento di riqualificazione si trasformi in un obbligo molto oneroso. Con conseguente costrizione alla vendita e all’abbandono da parte degli abitanti tradizionali, con conseguente acquisto da parte di “illuminati” benestanti. Nelle alte Marche accade spesso.

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