Ambiente

Himalaya. Contro il freddo gli uccelli hanno evoluto “piumini” più spessi

In ambiente montano, al crescere della quota corrisponde un progressivo decremento delle temperature. Trattasi di un fenomeno che impariamo a conoscere fin da bambini, quando ci forzano a indossare un piumino invernale per recarci in montagna. Quello stesso fenomeno che ha portato alla evoluzione dell’abbigliamento nel campo alpinistico, per rendere più confortevole, meglio dire sostenibile, il permanere dei professionisti ad altissime quote anche in pieno inverno. La natura ha portato avanti una evoluzione non dissimile tra le specie di volatili che oggi troviamo adattati alle quote più elevate. Per sopravvivere in alta montagna anche gli uccelli necessitano infatti di piumini più spessi.

Altezze maggiori, piumini più isolanti

Quella che potrebbe sembrare una battuta è di fatto una affermazione scientifica. Il piumino di un volatile, prendendo come riferimento la definizione fornita dall’enciclopedia Treccani, è “la penna degli uccelli, detta anche penna a piumino, morbida e leggera, priva di elementi rigidi, in cui mancano anche gli uncini o amuli, in modo che le barbe rimangono indipendenti, senza formare un vessillo consistente. Con valore collettivo, l’insieme di tali penne, che funge soprattutto da isolante termico e che, negli uccelli adulti, è in genere nascosto dalle penne di contorno”.

Di recente un team di ricerca dello Smithsonian National Museum of Natural History di Washington e della Columbia University di New York ha cercato di comprendere se lo spessore del piumino dei volatili sia direttamente proporzionale alla quota. Con particolare riferimento alle specie dell’Himalaya. La scienza pare confermare tale relazione diretta intuitiva.

I risultati dello studio sono stati di recente pubblicati sulla rivista scientifica Ecography in un paper dal titolo “Elevation and body size drive convergent variation in thermo‐insulative feather structure of Himalayan birds”.

249 specie a confronto

Per validare l’ipotesi di partenza, gli scienziati hanno confrontato tra loro 1715 individui afferenti a 249 specie di uccelli d’Himalaya, appartenenti all’ordine dei passeriformi. 152 specie con un clade di origine temperato e 97 tropicale.

Dalle analisi statistiche è risultata chiara prima di tutto la correlazione tra spessore del piumino e quota. Non solo, ma anche la correlazione inversa tra dimensioni degli uccelli e lunghezza del piumaggio. Esemplari più piccoli mostrano generalmente piume più lunghe rispetto ai più grandi.

Lo studio in museo

I ricercatori non si sono recati in Himalaya per portare avanti lo studio, anche se l’idea è nata proprio tra le vette più alte del Pianeta, quando nel 2014 il dottor Sahas Barve, coordinatore dello studio, si è imbattuto in un minuscolo Regulus Regulus, intento a cacciare insetti come se non fosse minimamente toccato dalle rigide temperature, di almeno 10 gradi sotto lo zero. Hanno semplicemente fatto tesoro delle ampie raccolte di campioni himalayani disponibili presso lo Smithsonian National Museum of Natural History.

“Abbiamo escluso dalle analisi le specie del plateau tibetano e quelle che in Himalaya giungono solo per migrazione invernale”, chiariscono nel paper.

La metodologia seguita è stata non invasiva. Si è in sostanza proceduto a fotografare singole piume della regione del torace, utilizzando una fonte luminosa e uno stereo-microscopio dotato di fotocamera.

Specie da cladi temperati più resistenti al freddo

Una ulteriore conclusione cui sono giunti i ricercatori, studiando la filogenesi delle specie in esame, è che gli adattamenti di termo-isolamento siano da considerarsi convergenti tra taxa temperati e tropicali.

Le specie che oggi troviamo in Himalaya hanno infatti origini lontane. “Le vette himalayane sono state colonizzate indipendentemente da centinaia di taxa di volatili separati da milioni di anni di storia evolutiva”, si legge nel paper. Su queste montagne è la temperatura a definire la composizione delle comunità al di sopra e al  di sotto di quella che viene definita ‘freezing temperature line’. Al di sotto di tale linea, quindi a temperature al di sopra del punto di congelamento, troviamo più specie di origine tropicale. Al di sopra una percentuale maggiore di specie afferenti a taxa temperati. “Le comunità himalayane possono essere definite come un mix di cladi temperati e tropicali”.

I taxa temperati mostrano infatti una maggiore resistenza al freddo di quelle di origine tropicale. “Tale pattern di storia evolutiva che va a influenzare la distribuzione secondo l’altitudine delle specie non è unico degli uccelli né dell’Himalaya – spiega il team – . Si tratta di un fenomeno dimostrato anche per altri taxa inclusi i mammiferi, le piante, le farfalle. Le specie temperate hanno una maggiore capacità di termoregolazione a temperature basse rispetto alle tropicali”.

Di fronte a una simile affermazione si potrebbe intuitivamente pensare dunque che a taxa temperati corrispondano maggiori adattamenti di termo-isolamento. I ricercatori non hanno trovato conferma di ciò. Anzi, la conclusione è che l’evoluzione di piumaggio più lungo e maggior spessore del piumino sia un adattamento convergente, dettato dall’ambiente. Ne sono un esempio i generi PellorneumAcridotheresArachnothera per i taxa tropicali e  ParusLusciniaAnthus per i temperati.

Qualche problema sul finale

Alcuni generi (es. HemixosPnoepgygaLiocichlaYuhina) afferenti a entrambi i taxa, a dire il vero hanno creato qualche problema. A differenza delle attese, hanno mostrato adattamenti termo-isolanti inversamente proporzionali al crescere della quota.

“Una simile circostanza può essere legata al campione di dimensioni limitate disponibile per lo studio o ad una quota massima di campionamento piuttosto bassa”, chiariscono i ricercatori. Aggiungendo che “c’è ancora tanto da investigare”.

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