Ambiente

Ritiro dei ghiacciai e biodiversità alpina. Un quarto delle specie vegetali a rischio estinzione

Che i ghiacciai di tutto il Pianeta siano in stato di sofferenza, soggetti a un progressivo e inesorabile ritiro, è dato noto. Che tale fenomeno sia legato ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale è un altro elemento assodato. Abbiamo anche avuto modo di parlare più volte di un fenomeno definito dagli scienziati “stairway to heaven”, la scala verso il paradiso. Termine con cui si indica in chiave poetico-musicale, lo spostamento a quote più elevate della biodiversità – specie animali e vegetali – alla ricerca dell’optimum per sopravvivere, di nuovi habitat da colonizzare. La domanda a latere di tale fenomeno, cui di recente un team internazionale coordinato dalla Stanford University ha cercato di fornire risposta, è con quali tempi e modi le specie vegetali colonizzino le aree un tempo ricoperte di ghiacci, focalizzandosi sui ghiacciai delle Alpi.

Se il ghiacciaio scompare, la biodiversità decresce

Concentrandosi sui ghiacciai della Vedretta d’Amola, il Trobio, il Rutor e la Vedretta di Cedec, il team ha combinato i dati storici sul ritiro dei 4 ghiacciai con l’analisi delle condizioni ambientali locali e la distribuzione e le caratteristiche ecologiche di 117 specie di piante, elaborando dei modelli di distribuzione su un arco temporale di 5000 anni. Tempo medio di quello che definiscono “range di scomparsa di un ghiacciaio secondo uno scenario di stampo conservativo”.

“I nostri risultati dimostrano che la diversità delle piante inizialmente incrementa con il ritiro dei ghiacci, ma in un secondo momento, a seguito della totale scomparsa, la biodiversità decresce”, spiegano i ricercatori.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in un paper dal titolo “The Consequences of Glacier Retreat Are Uneven Between Plant Species”.

Da specie pioniere a specie a rischio

I ricercatori della Stanford University, Università dell’Insubria, Università di Milano e MUSE di Trento, hanno evidenziato come quelle che vengono definite specie pioniere, ovvero le prime a colonizzare un terreno “libero”, in questo caso reso libero dallo scioglimento dei ghiacci, tendano a diventare in poco tempo specie a rischio, a seguito dell’arrivo di specie più aggressive che estromettono le pioniere dall’habitat, determinando così un decremento della biodiversità.

Il ritiro dei ghiacciai, secondo gli scienziati, influenzerebbe il 51% delle specie in esame. Di queste il 29% trarrebbe giovamento dal fenomeno, il 22% invece sarebbe destinato all’estinzione.

Esempi di specie favorite dal ritiro dei ghiacciai sono la Minuartia verna, Veronica fruticans, Achillea moschata, Trifolium pallescens, Draba aizoides, Poa alpina, Trisetum spicatum, Gentiana nivalis, Myosotis alpestris, Carex curvula, Antennaria dioica, Leontodon helveticus, Potentilla aurea, Senecio incanus.

Specie destinate a locale estinzione: Saxifraga bryoides, Artemisia genipi, Cardamine resedifolia, Leucanthemopsis alpina, Gnaphalium supinum, Sedum alpestre, Minuartia sedoides, Sempervivum arachnoideum, Hieracium staticifolium, Hieracium glanduliferum.

Sussistono anche specie ubiquitarie che sembrano scarsamente influenzate dai cambiamenti ambientali: Anthoxanthum alpinum, Gentiana kochiana, Gentiana punctata, Ligusticum mutellina, Pedicularis kerneri, Phyteuma hemisphaericum.

Losers and winners

In parole povere, specie adattate a crescere in condizioni estreme avrebbero maggiore facilità di colonizzare in un primo momento le aree lasciate libere dal ghiaccio. In un tempo molto rapido, meno di un secolo. Dopo 150 anni la competizione inizierebbe a diventare più intensa e specie più generaliste, in grado dunque di prosperare in una ampia varietà di condizioni ambientali finirebbero per prendere il sopravvento nell’area.

La si può definire una vittoria? Gli scienziati sottolineano che vincitori, in queste circostanze, non lo si è per sempre. Potrebbero infatti innescarsi dinamiche competitive tra le specie “vincitrici”, con conseguente ulteriore decremento della biodiversità.

Una dinamica ubiquitaria

Una situazione solo caratteristica delle Alpi? Secondo quanto dichiarato al The Guardian dal dottor Gianalberto Losapio, ricercatore della Stanford University, assolutamente no.

“Penso che con una certa fiducia i nostri risultati possano essere estesi anche ad altre aree delle Alpi e altri ecosistemi montani, come l’Himalaya, il Karakorum o le Ande”.

Come proteggere la biodiversità alpina?

La perdita di specie vegetali alpine rappresenta un rischio estremo per gli equilibri ecosistemici. Come spiega Losapio, “esse rappresentano i produttori primari. Non sono soltanto una fonte di cibo ma anche di energia per tutto l’ecosistema, per i consumatori, i predatori, i parassiti, gli erbivori e gli impollinatori”.

Cosa si può fare allora per cercare, nel piccolo, di rallentare tale fenomeno? La risposta dei ricercatori è la seguente: educare gli escursionisti a restare sui sentieri ed evitare la costruzione di ulteriori impianti sciistici.

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2 Commenti

  1. Che tristezza! Perfino in un contesto scientifico come questo tocca leggere (riferito ai ghiacciai) “scioglimento” piuttosto che fusione! Sarà una maledizione, non lo so, ma nonostante tutti gli Italiani a scuola imparino i sei passaggi di stato della materia, tuttavia la fusione proprio non entra in testa. Chissà come mai! Avrà forse ragione quel “simpatico chimico di quartiere”, molto attivo sui social? Anch’egli commette volutamente questo errore concettuale, quando si rivolge a un pubblico generalista, e il motivo lo spiega egli stesso: se dicesse che il ghiaccio riscaldato fonde, la gente si immaginerebbe che venga usata una fiamma ossidrica come si fa per fare fondere i metalli… Primo: come si fa a essere certi di ciò che pensano gli altri? Secondo: come si osa pensare che gli altri siano stupidi? Solo uno stupido, infatti, pensa alla fiamma ossidrica quando sente parlare di fusione dei ghiacciai per colpa del riscaldamento climatico globale. Presumere che l’ignoranza di un argomento equivalga a incapacità di ragionare é un non sequitur logico tipicamente da snob intellettuale, che poi é anche la peggiore categoria di snob. Davvero, si smetta di alimentare la confusione degli Italiani sulla scienza. Sciogliere significa disperdere omogeneamente una sostanza in un’altra diversa, per esempio: il sale nell’acqua o lo zucchero nel caffè. Fondere significa che un materiale passa dallo stato solido a quello liquido. Se tale materiale é una sostanza pura, la fusione avviene a una temperatura ben precisa. Invece, se il materiale è un miscuglio di varie sostanze, la fusione avviene in un intervallo di temperature diverse. Troppo difficile?

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