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K2 montagna di gloria e di morte

Non ho voglia oggi di guardare i numeri e le classifiche storiche. No, oggi è un gran giorno per l’alpinismo, punto e basta. Viva il K2.

Avevo intravisto l’invernale del K2 dopo la spedizione pakistana che contribuii a organizzare nel 2014: Ali Durani, 21 anni, in vetta che allarga le sue braccia all’infinito tenendo in mano la bandiera del suo Paese; Ghulam Mahdi che s’inginocchia con il capo chino a toccare la neve e prega il suo Dio; Michele Cucchi che strappa alla sua anima e alle corde vocale l’emozionante grido “siamo in cima”. Era il 2014, da allora non è passata settimana senza che la mia testa sia andata al K2 in inverno. Ci ho provato e avrei voluto essere della partita, dando una mano organizzativa, certo, ma esserci (il caro amico Gian Luca, di Moncler, lo può ben testimoniare per il tormentone che di tanto in tanto gli ho imposto).

Ora è finita! Dieci bravi nepalesi alle 16 e 58 di ieri hanno messo, sono certo con grande rispetto e persino timore, i loro piedi sull’ultimo metro del K2, a 8611 metri.

È l’unica cosa che conta dopo anni di tifosa passione, impegnata a disquisire il come e il perché di un sogno e di un obbiettivo alpinistico, il più grande. In questo momento per loro è l’esaltazione, la gloria personale e per qualcuno sociale, la felicità e l’adrenalina a mille; per noi una soddisfazione felice che ci conferma che l’alpinismo c’è ancora, vive e vivrà.

La montagna, o l’uomo e le sue aspirazioni, il fato (avrebbero scritto i maestri in epici tempi) ha però chiesto il suo tributo. Sergi Mingote, forte alpinista spagnolo, dopo una drammatica caduta è morto più o meno nello stesso momento, mentre si stava muovendo nel tratto inferiore del K2. È un dolore sordo e buio, che ho provato altre volte, al campo base e non solo.

Ancora una volta la vita e la morte si intrecciano e lo sgomento mi pervade, anche se so bene che il K2 non c’entra nulla, queste sono storie di uomini e delle loro passioni, come so anche che il K2 continuerà a essere nella mia vita e per il tempo che mi resta.

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Un commento

  1. cautamente si parla di ombra e di morte
    che aleggia sulle cime, sui grandi spariti
    e occultamente su una etnia dominante

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