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Il K2 di Mingma G. Sherpa e il Gasherbrum di Moro e Lunger

Come accidenti se lo aspettava il K2 in inverno Mingma G. Sherpa? Con le palme e la birra? Speriamo che questi eterogenei personaggi in cerca di gloria alpinistica arrivino almeno a campo 2: è la condizione minima posta da Urubko per buttare il pensiero verso la vetta inviolata, nella stagione invernale, del K2. Intanto, anche Denis deve andare in vetta al Broad Peak, inviolato in inverno secondo il suo calendario (che toglierebbe una prima invernale alle quattro che Simone Moro si era riconosciuto).

Simone Moro e Tamara Lunger a casa

Nel frattempo, Simone Moro è entrato nel girone del “facci capire” dopo l’incidente che tutti conosciamo verso campo 1 del Gasherbrum e lo scampato pericolo di “lasciarci la pelle”, come piace definire a lui la vita, sua e di Tamara.

La gogna mediatica, più o meno giustificata, è in fase di allestimento e qualche blog, tra cui “Sherpa-Alta quota di verità”, ha analizzato le dichiarazioni di Moro e Tamara riportate dai giornaloni nazionali e le interviste internazionali (buffo che all’estero gli italiani raccontino più facilmente la verità dei fatti). Nell’ultima della serie, rilasciata sulla rivista spagnola “Oxigeno”, la Lunger chiarisce ancor meglio le dinamiche e fa alcune autocritiche (che forse i soliti giornalisti di famiglia fan fatica a sentire e a scrivere).
Quel che ne esce è quello che si era capito da subito.

L’incidente al Gasherbrum

Simone Moro e Tamara Lunger nel superare l’ultimo crepaccio prima di arrivare a campo 1 sul plateau, a circa 6000 metri, han fatto una gran “puttanata”, come si direbbe a due allievi che partecipano ad un corso di ghiaccio.

La sintesi delle informazioni pervenute ci dice che Moro, che sapeva della precarietà del ponte di neve che stavano superando, esegue perfettamente la manovra di sicurezza per l’attraversamento da parte della sua compagna. Da lì in poi, secondo il loro racconto virgolettato, inanellano una serie di errori da principianti o da stanchezza, come Tamara aveva più volte scritto nei suoi post.

Torniamo ai fatti: lei attraversa il crepaccio e risale il pendio per circa 20 metri, non si mette in sicurezza con una piccozza (che sappiamo avere con sé) nonostante ai piedi abbia delle ciaspole, consapevole (s’immagina per un’alpinista d’esperienza) che uno strattone violento la farebbero scivolare sul fondo nevoso. Non lo fa e s’ingegna di assicurare il compagno con un mezzo barcaiolo su un moschettone in vita. Ma mentre manovra la corda cosa accade? Dai racconti letti non è chiaro o meglio è contraddittorio, ma due sono le possibilità.

La prima è che Simone, contrariamente a tutte le regole basilari, parta senza aver ricevuto il via da Tamara, per di più non sulla traccia di lei ma su una nuova, e immediatamente gli cede il ponte di neve sotto i piedi, s’infila nello stretto crepaccio e va giù per 20 metri rovinando a testa in basso. Lei è sbalzata e trascinata, come prevedibile, con la corda stretta attorno al pollice, poi alla mano, sull’orlo del buco a un pelo dal disastro totale. Dolore atroce, urla, piange, qualcuno scrive che grida al compagno di tagliare la corda, per fortuna Moro non lo fa. Questa pare la versione più aggiornata. La seconda possibilità potrebbe essere che la Lunger abbia dato il “via” prima di finire la manovra con la corda per l’assicurazione del compagno, lui parte e l’epilogo è noto. In questo caso la colpa dell’incidente disastroso sarebbe di Tamy.

Il resto di quel che è accaduto è autosoccorso disperato, ma eseguito a regola d’arte.

Una volta si usava fare il mezzo barcaiolo ancorato al punto di assicurazione più sicuro e si urlava: “Vieni”; risposta: “Vengo, assicura”; seguiva: “Ok, parti”. Ma forse quando tornano entrambi leggeremo nuove ricostruzioni e dettagli.

La cosa buona di questa super annunciata effervescente impresa scientifica, alpinistica e mediatica sono le ricerche in camera ipobarica effettuate dai ricercatori EURAC, quelle rimangono e credo saranno corroborate dai dati che i ricercatori raccoglieranno al rientro dei due fortunati sopravvissuti. Lavoro utile e importante.

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