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Bloccati sul ghiaccio senza ramponi. Il gestore del Rifugio Jervis: “Importante distinguere tra escursionismo estivo e invernale”

Il ghiaccio risulta essere uno degli elementi più sottostimati e di maggior rischio di questo mite inverno. Dagli Appennini alle Alpi, nonostante in più punti sia presente uno scarso innevamento, è l’eccessiva confidenza nel poter affrontare sentieri senza ramponi che porta a incidenti evitabili, spesso a quote e su pendii non estremi. Non parliamo di alpinismo ma di escursionismo. Attività, come ha tenuto a sottolineare il gestore del Rifugio Jervis sopra Bobbio Pellice (TO), da distinguersi in invernale e estivo. Uno sfogo, quello di Roby Boulard, finalizzato a richiedere maggiore attenzione ma soprattutto una corretta informazione nel mondo della montagna.

Troppi gli interventi del soccorso alpino che, in queste settimane, si è trovato impegnato a recuperare escursionisti privi della idonea attrezzatura lungo il percorso di avvicinamento alla struttura. L’ultimo risale a sabato 11 gennaio. Quattro escursionisti, bloccati dal ghiaccio sul sentiero verso il Jervis, hanno lanciato l’allarme, affermando di non poter né proseguire né tornare indietro. I soccorritori li hanno raggiunti in tarda serata, riaccompagnandoli poi a valle allestendo corde fisse e calate nei punti più pericolosi.

Informare chi si avvicina alla montagna

“Dopo l’ennesimo soccorso di ieri notte mi ritrovo costretto a cercare di ribadire la differenza fondamentale che esiste tra l’escursionismo estivo e quello invernale. Al momento le condizioni della salita al rifugio richiedono l’uso di ramponcini, chiarisce Boulard.

“Chi sale senza, non vince un premio. E visto che un paio di ramponcini da passeggio costano 10/15 euro, non sarebbe male comprarli. Considerando anche che un soccorso come minimo alla comunità costa intorno ai 3.000€, oltre le spese ospedaliere molto più care ancora.

La passione per la montagna non giustifica il correre rischi inutili. Soprattutto quando poi, in caso di problemi dobbiamo far intervenire il mondo intero e magari anche di notte. Decidere di partire in un’escursione notturna senza l’adeguata attrezzatura e senza la conoscenza di dove si sta andando è una cavolata al pari dell’uscire ubriachi dalla discoteca e salire in macchina guidando.

Chiedo a tutti quanti di condividere queste mie riflessioni non perché credo di aver scritto un trattato di scienza cosmica ma semplicemente per evitare che, continuando cosi, una qualsiasi prefettura si senta prima o poi in dovere di vietare l’accesso invernale ai rifugi. Privandoci della possibilità di fare una bella gita in compagnia di amici, con una bella mangiata in rifugio, e togliendo a noi operatori del settore una possibilità di lavoro.

Sono convinto che chi si trova in una situazione di difficoltà non lo fa certamente per fare incavolare il sottoscritto o i vari soccorritori ma semplicemente perché ignora le conseguenze di un banale imprevisto. Non è necessario essere all’Everest per morire di ipotermia, è sufficiente essere bloccati sul sentiero del rifugio Jervis in inverno mal equipaggiati.

Sarei molto grato se i vari alpinisti e sapienti del settore compresi i ‘professionisti come me’ si astenessero dai soliti giudizi campati in aria e invece provassero a dare una mano ad informare chi si avvicina alla montagna. Grazie e buona montagna a tutti quanti”.

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