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Everest, una montagna solo per ricchi?

Il tetto del Mondo, la Dea Madre dell’Universo, l’Everest. Qualsiasi nome scegliamo, rimane il grande sogno di tanti alpinisti sedotti dal desiderio di lasciare la propria impronta sul punto più alto del Pianeta.

C’è chi decide di farlo in primavera e chi in inverno; chi tentando vie nuove o poco battute e chi invece si affida a grandi spedizioni commerciali; chi affronta gli 8848 metri della vetta con i polmoni affaticati dall’aria sottile e chi invece preferisce indossare una maschera e respirare ossigeno da una bombola. Quello che però accomuna tutti è che rincorrere il proprio sogno è terribilmente costoso e lo diventa ogni anno di più.

La Cina aumenta i prezzi

Uno dei motivi per cui molti alpinisti sceglievano di scalare l’Everest dal versante nord, quello tibetano, era il prezzo inferiore dei permessi rispetto al Nepal. Un vantaggio economico che andrà a scomparire con la prossima stagione alpinistica 2020.

La Cina ha infatti annunciato che il permesso di scalata, che fino ad ora costava 9.950 dollari, è aumentato del 58% arrivando al prezzo di 15.800 dollari a persona.

Considerando che il costo di un permesso rilasciato dal Nepal è di 11.000 dollari, dalla prossima primavera sarà ufficialmente più caro scalare il versante nord. Se questo avrà qualche impatto sul turismo alpinistico della montagna bisognerà attendere.

Nepal, cosa aspettarsi

Se in Cina aumentano i prezzi, il versante sud dell’Everest rimane ancora avvolto dalle nuvole.

Il Nepal infatti è in una situazione delicata: da un lato deve affrontare le conseguenze, anche d’immagine, delle code della scorsa stagione sulla montagna e le relative accuse di voler fare solo cassa a spese della sicurezza di tutti; dall’altro è alle prese con un’aggressiva campagna di marketing per far aumentare il turismo nel Paese durante il 2020. Un’operazione che in realtà il Nepal sta conducendo in modo intelligente, spingendo non tanto sulle grandi montagne conosciute, ma piuttosto aprendo nuove cime all’alpinismo, anche gratuitamente.

Per risolvere la spinosa questione dell’Everest, sono state avanzate diverse idee nei mesi scorsi, ma nessuna al momento è stata ufficialmente adottata. Inizialmente si era parlato di limitare i permessi, ma ciò avrebbe avuto conseguenze disastrose su un business che genera un indotto di 300 milioni di euro durante la stagione primaverile (non briciole per un paese ancora povero come il Nepal). Erano poi state proposte regole relative alle abilità, al curriculum e alle condizioni di salute minime degli alpinisti, ma anche in questo caso è stato un nulla di fatto.

Sembra che ora si stia iniziando a discutere di innalzare il costo della quota a persona per la spedizione a un minimo di 35mila dollari, permesso incluso. Questo eviterebbe, in teoria, la guerra al ribasso dei prezzi delle agenzie nepalesi, con rischi di risparmi sulla sicurezza. Si parla anche di un possibile aumento del permesso di scalata, che potrebbe adeguarsi ai nuovi costi cinesi.

Insomma, la soluzione ai mali dell’Everest sembra debba essere quella di rendere la Dea Madre una prerogativa non dell’Universo, ma dei soli ricchi.

Everest, una montagna solo per ricchi?

Che questa tendenza stia già avvenendo è sotto gli occhi di tutti e le agenzie nepalesi si stanno adeguando alla richiesta con offerte da capogiro per servizi sempre più esclusivi, lo si era già visto la scorsa primavera.

A memoria però nessuno aveva ancora osato proporre un prezzo di addirittura 160mila dollari a persona. Lo ha fatto la Seven Summit Treks mettendo a listino la “Platinum Everest Expedition”. Una cifra grazie alla quale l’esperienza sarà di lusso: letto king size al campo base; cucina gourmet con frutta fresca, acqua minerale, carne, ecc.; tende private anche ai campi alti; un tour in elicottero attorno all’Everest per fare le foto (magari non si arrivasse in cima); ossigeno illimitato; medico personale h24; telefono satellitare h24; servizio video e foto per tutta la durata delle spedizione; assistenza di una guida certificata UIAGM e tanto altro.

Come la pensiamo circa questo modo di fare alpinismo, non lo abbiamo mai nascosto. Una domanda però vogliamo porla: desideriamo davvero che questo sia il destino del Tetto del Mondo?

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