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Simone Moro commenta l’impresa di Nirmal Purja

Il record di Nirmal Purja sta facendo molto parlare. C’è chi storce il naso portando l’attenzione sulle modalità con cui è stata realizzata l’impresa e chi si congratula per la performance atletica e per l’obiettivo di aver dimostrato che l’alpinismo non è solo una “questione occidentale”. “Oggi finisce la conquista coloniale delle montagne. Evviva”, scrive Franco Perlotto sui social. “Nirmal ha lanciato una sfida diversa, per dimostrare che i nepalesi sono oramai in grado di prendere la leadership della scalate himalayane” commenta invece Messner sulle pagine rosa della Gazzetta.

Molti alpinisti non hanno commentato e ci piacerebbe lo facessero, per instaurare una discussione su cosa sia oggi l’alpinismo. Qualsiasi sia la propria opinione, ciò che ha realizzato Nirmal Purja non può lasciare indifferenti.

Tra coloro che non si sono sottratti, c’è Simone Moro, che ha affidato ai propri social una lunga riflessione, che vi condividiamo di seguito.

E voi, siete d’accordo? Fateci sapere cosa ne pensate.

Il commento di Simone Moro

Ora che il progetto è stato completato e che da due giorni tutti i giornali ne parlano, abbandonata la prima sbornia mediatica che giustamente Nirmal si è meritato, provo a fare una riflessione.

Non sono molti i commenti dei “big” che si felicitano con il Gurka Nirmal Purja. Alcuni magari non l’hanno ancora fatto, altri non lo faranno mai, altri ancora faranno commenti elencando i fattori che non apprezzano di questa velocissima collezione dei 14 ottomila compiuta dall’alpinista nepalese.

Certo ammutolisce questa capacità espressa da Nirmal e da tutto il suo team e questo è probabilmente la causa che zittisce tutti quelli che si sentivano o ancora si sentono in cattedra. La sua è stata una logistica perfetta, una strategia efficace, un team fortissimo, una resistenza fisica e mentale straordinaria e una capacità comunicativa e diplomatica che ha trasformato il suo progetto in una performance apparsa e commentata anche sui TG nazionali e sui quotidiani di tutto il mondo.

Io dico che Nirmal è stato davvero bravo, che ha fatto un qualcosa che finalmente spazza via tutti gli eroi di qualche ottomila in saccoccia fatto magari in stagione propizia, con ossigeno, corde fisse, guide, traccia fatta e in fila indiana.

Quel tipo di alpinismo che possiamo definire turismo d’alta quota farà più fatica a generare falsi eroi perché oggi c’è un punto di riferimento chiaro e mondiale e forse termineranno i facili annunci di record e performance. Tutti oggi sono in grado di dire “Sì ma guarda che Nirmal Purja ha fatto tutto ed in una volta quello che tu stai provando a vendermi singolarmente e come eccezionale, fatto nel suo stesso stile”.

Forse questa salita libera e ridà una identità a coloro che invece gli ottomila li salgono senza ossigeno, per vie nuove, in invernale, in piccoli gruppi, in stile alpino. La stessa cosa a chi va a quote più basse, dai settemila in giù. Il Gurka infatti ha sempre mostrato e specificato che il suo obbiettivo era un “che cosa fare” e non un “come farlo” se non nei termini temporali. 
Ossigeno, sherpa, corde fisse, elicottero sono stati mezzi che ha utilizzato, pagato e palesato e che gli hanno permesso comunque di fare un qualcosa che pochissimi altri alpinisti (anche quelli top) avrebbero la forza atletica e psicologica di fare. 

Vi garantisco che che in trent’anni di spedizioni e di conoscenza dell’alta quota potrei elencare meno di dieci nomi di persone che anche con gli stessi mezzi saprebbero realmente ripetere questo risultato dei 14 ottomila in sei mesi e sei giorni.

Ora l’invito che arriva alla comunità dei collezionisti dei 14 ottomila e dei turisti d’alta quota è quella di vivere la loro personale avventura ed esperienza con entusiasmo ma senza più scomodare proclami e trionfalismi se non quelli famigliari e del giro stretto di amici.

Per chi invece ama un alpinismo diverso, oltre che ringraziare Nirmal Purja e complimentarsi (mettete da parta il vostro orgoglio e toglietevi il cappello) cominciate a pensare a cosa si potrebbe e si deve fare di diverso rimettendo ora al centro il vostro “come” e il vostro stile.

Mancano ancora un bel po’ di cose da fare, anzi ne mancano moltissime. Un progetto alla Nirmal senza ossigeno, sherpa e corde fisse. I quattordici 8000 d’inverno (in quella stagione non si bara e non si colleziona), diventare il “re” dei 7000, 6000, 5000, ripetere le vie dei grandissimi del passato e molte della quali ancor oggi irripetute, divenire un esclusivo cacciatore di vette e luoghi montuosi inviolati (il mio viaggio in Siberia mi ha aperto un mondo), fare concatenamenti d’alta quota, traversate, aprire vie nuove sulle miglia di pareti e montagne che nessuno ha ancora provato o addirittura visto, mischiare più attività e specializzazioni del mondo verticale…

Insomma, non iniziate o sprecate una carriera collezionando i 14 ottomila se l’obbiettivo è essere esploratori e avventurieri. 
Fino a ieri potevate avere alibi e spazio sulle normali dei 14 ottomila, oggi sarebbe solo un aiuto, seppur prezioso, che date a sherpa, agenzie e al popolo nepalese, ma non chiedete attenzione mediatica e sensibilità agli sponsor, perché non c’è più trippa per gatti è stata posta una virtuosa e salutare parola FINE allo show.

Grazie ancora Nirmal e complimenti senza se e senza ma per quello che hai fatto. Sono sicuro che hai fatto bene anche ad un altro alpinismo che, per quello che riguarda la mia persona, ti applaude e ti stringe la mano“.

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