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Colle delle Trincere, le corde della discordia

A volte, per raccontare una storia, occorre fare attenzione alle date. Per renderla interessante anche a chi non conosce l’Abruzzo, ci vuole anche qualche informazione geografica. Sul Colle delle Trincere le cose non sono andate come speravano i promotori. Ma questi, da Marco Morante a Cristiano Iurisci, meritano comunque un applauso. 

Il Colle delle Trincere, 1984 metri, è una vetta del massiccio del Velino, che si affaccia con una parete tagliata da grandi cenge oblique sul sentiero per il rifugio Sebastiani. Dalla cima, una cresta di erba e sfasciumi sale alla frequentata Punta Trento, 2243 metri.

Nel 1985 Vincenzo Abbate, un alpinista di Palestrina che ama esplorare l’Appennino, apre con Stefano Gatti una via sul Colle delle Trincere, che battezza Tempi lontanissimi. Le difficoltà della relazione, II grado con un passo di III inferiore, fanno capire solo in parte l’impegno del percorso, che include ripidissimi pendii erbosi e cenge molto esposte. 

Negli ultimi anni, l’esploratore-principe dell’Appennino diventa Cristiano Iurisci da Lanciano, che traccia itinerari estivi e invernali su strutture famose, come il Paretone del Corno Grande e la Cima delle Murelle, ma anche delle zone poco note. Nel 2018 Cristiano pubblica con le Edizioni il Lupo Passi di V, una guida che è un inno all’esplorazione dell’Appennino. Il suo messaggio piace, e si diffonde tra gli alpinisti dell’Italia centrale. E arriva a Rocca di Mezzo e a Ovindoli, dov’è attiva la Sottosezione CAI dell’Altopiano delle Rocche. 

Il primo ottobre, sulla pagina Facebook della Sottosezione, il reggente Marco Morante annuncia un’iniziativa recente. Su incarico del CAI dell’Altopiano, Iurisci e i suoi amici hanno parzialmente attrezzato Tempi lontanissimi con corde statiche e chiodi. Nei pendii erbosi più ripidi è stato scavato qualche gradino. La relazione, inclusa nel post, spiega gli obiettivi del CAI e indica con chiarezza le difficoltà. Dopo aver scritto che “occorre ampliare e diversificare l’offerta alpinistica ed escursionistica sul Velino-Sirente”, Morante spiega che “si tratta di un sentiero alpinistico (non una ferrata, non un percorso escursionistico) su terreno d’avventura, affrontabile solo con adeguata preparazione o con accompagnamento di figure qualificate (guide alpine, ndr). Va dunque inteso come via classica d’arrampicata con sempre un membro della cordata assicurato a una sosta”.

In quanto via alpinistica attrezzata con chiodi e corde fisse” continua il reggente, “chi la percorre lo fa a suo rischio e pericolo. Le protezioni non sono posizionate da personale qualificato e tantomeno collaudate e devono essere verificate ed eventualmente integrate. Le corde fisse vanno intese esclusivamente quale ausilio aggiuntivo alla progressione, e indicatori di percorso su terreno infido”. Dopo la sistemazione delle corde, qualche gruppo percorre l’itinerario. I commenti sui social sono tutti positivi. Il 6 ottobre, un altro post spiega che la sottosezione ha un altro progetto ambizioso, un sentiero sul Monte Cagno, per rendere accessibili le impronte di dinosauro scoperte dal 2006.

L’8 ottobre, quando telefono a Marco Morante per preparare questo articolo, spero di dare ai lettori una notizia positiva. Ovviamente, devo verificare se e come un intervento di questo tipo sia possibile. Invece trovo una situazione già in crisi. Tra i promotori serpeggia qualche dubbio e il 5 ottobre il post su Facebook è stato emendato, togliendo il nome chi ha attuato l’intervento e sottolineando ancora l’impegno del percorso. 

La telefonata successiva è a Giampiero Di Federico, guida alpina, che mi spiega che i suoi interventi per creare nuove falesie attrezzate sono firmati da lui, un professionista, e collaudati da un ingegnere. Un amico avvocato che si occupa spesso di montagne e divieti non aggiunge informazioni utili. 

Poi sento Vincenzo Brancadoro, presidente della Sezione dell’Aquila del CAI, che cade dalle nuvole. “Le Sottosezioni non hanno personalità giuridica, in caso di incidenti la responsabilità è del presidente della Sezione madre” spiega Vincenzo. “Purtroppo la legge non consente alternative, o si apre una via alpinistica o si realizza una ferrata a regola d’arte, con le autorizzazioni e i materiali del caso”. 

La mattina del 9 ottobre, Marco Morante riflette su Facebook. Parte dall’articolo 1 dello Statuto del CAI, che “ha per scopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione”. “L’andare per monti ha senso se ci mette alla prova” prosegue Marco. “Il primo requisito che si cerca nell’alpinismo è proprio quello dell’avventura che deriva dall’insicurezza e dall’imprevisto”.

Può rientrare tra le finalità di un piccolo presidio CAI, che non voglia allinearsi all’andazzo appenninico dei divieti, quella di promuovere una via alpinistica (e con essa il territorio), sia questa attrezzata a cunei di legno, a chiodi, a spit, a corde fisse o a sputazze di pipistrello, precisamente riportati in una relazione con foto e tracciato?” conclude con amarezza Marco Morante.

Ma l’epilogo è vicino. “Oggi Vincenzo Brancadoro, Presidente del CAI dell’Aquila di cui siamo sottosezione, mi ha invitato a rimuovere le corde fisse poste al Colle delle Trincere, per sue insindacabili considerazioni inerenti la sicurezza dei fruitori. Non condivido ma rispetto il suo invito, e obbedisco” scrive con amarezza Marco Morante su Facebook la sera del 9 ottobre. Le corde sono state tolte domenica 13 ottobre, lasciando sul posto i nuovi chiodi.

La faccenda ha evidenziato tutti i limiti del sistema CAI sulla frequentazione libera e autoresponsabile. Ne prendiamo atto con la speranza che le cose cambino, ma basta che se ne discuta” commenta Cristiano Iurisci, altrettanto amareggiato. 

La decisione di Vincenzo Brancadoro era inevitabile, e negli interventi in montagna le regole vanno rispettate. Ma l’amarezza di Morante e Iurisci va condivisa. 

In un Appennino che non ama l’avventura, tra Parchi che ignorano l’alpinismo e Comuni che sanno solo chiudere strade, pendii innevati e sentieri per evitare responsabilità, l’iniziativa del CAI dell’Altopiano delle Rocche mi era sembrata una boccata di ossigeno. Mi auguro che in tempi non lontanissimi, e con tutte le carte a posto, interventi come la via del Colle delle Trincere possano nascere nuovamente, e restare.

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2 Commenti

  1. Proprio a fagiolo: penso ad un amico Presidente Sezione Cai,che dovrebbe rispondere in proprio su due ferrate gettonatissime e che per mettere su casa e aggiudicarsi la pensione ha faticato parecchio.O si smantellano ferrate o si sciolgono sezioni…o si perlustrano ogni giorno dato che distacchi di pietre, di ancoraggi, trancio di cavi o allentamento viti possono accadere da un giorno all’altro.Oppure si pensa ad un ferrata-pass singolo obbligatorio o di stagione e di gruppo montuoso, a pagamento e con assicurazione incorporata.Un tempo le piste di sci fondo erano gratuite..ma le battevano ogni tanto…e non passava la motoslita a compiere la rastrellata finale raccogli feriti o dispersi con doppia funzione di ribattitura serale .

  2. Più leggo cos’è veramente diventato il CAI (SAT inclusa visti o risvolti tragico-comici in Lagorai e con la gestione di alcuni rifugi del trentino), e più sono contento di non aver rinnovato la tessera… burocrazia e politica non hanno niente a che vedere con lo spirito della montagna!!!

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