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Messner: ecco cosa è l’alpinismo

La riflessione c’è e anche il dibattito. La stampa cartacea ne ha scritto, ne “Il Giornale” con un articolo di Lucia Galli, e perfino Reinhold Messner, titolare della cinquantennale lapidaria affermazione “L’Assassinio dell’impossibile” –che ho riesumato pochi giorni per Nirmal Purja– non si è sottratto. Bene.

Pare, si legge sulle pagine del quotidiano, che per Messner abbia sempre contato un alpinismo che ti “riporta sempre a casa. Quel principio che Riccardo Cassin ci ricordava continuamente dicendo: “Il miglior alpinista è quello che muore nel suo letto”. Lui lo ha fatto a cento anni. Grande Riccardo.

Il professore Ardito Desio, che visse in modo eccezionale e intenso fino ai 104 anni, sosteneva che per durare così a lungo bisogna condurre una vita sana e avere fortuna. Lo spiegava mostrando il tubo zincato che serviva a contenere le carte topografiche che in Abissinia aveva a tracolla mentre una banda di predoni assaliva la sua carovana. Il proiettile procurò un buco al centro del tubo, anziché nella sua schiena.

Leggere l’infinità di resoconti e racconti che Messner ci ha regalato è fantastico, lo è sempre stato. Certo la sua determinazione, il coraggio della sfida, l’indubbia capacità organizzativa ma anche i pericoli affrontati, talvolta resi più crudi dall’imponderabile e altre dalla tragedia, ci hanno fatto credere a un super uomo. Un alpinista che qualche volta ha affrontato l’inimmaginabile e che alcune regole che si era imposto lo hanno fatto diventare, suo malgrado, un mito.
Le regole (allora ci sono) che Messner ci ricorda come accettabili per praticare l’alpinismo sono poche: “No artificial oxigen, no bolts, no comunicazione, no droghe. Reinhold ci dice anche che l’alpinismo tradizionale implica andare “dove tutto è bianco e provare. Significa anche andare dove esiste il pericolo.”

Arrampicare indoor non è alpinismo, il turismo d’alta quota (spedizioni commerciali; ma anche alpinisti che vi si appoggiano?) non è alpinismo, l’andare in montagna per sport non è alpinismo. Liquida Nirmal Purja come un giovane simpatico, atletico ed esuberante e spera che la sua performance possa concludersi felicemente. Ma va bene così, perché dice le cose che fa. La “confessione” cancella le colpe e la verità è un attenuante. Come da sempre.

Ritorna su Nardi e Ballard dicendo che per loro lo sperone Mummery era troppo bianco, che lì non dovevano provare, che quei pericoli non erano accettabili. Opinioni e non giudizi, suppongo.

“L’Assassinio dell’Impossibile” fu una grande provocazione, la difesa estrema del diritto di praticare e veder prevalere un alpinismo tradizionale fatto di sfide leali con la montagna. E di sfide la montagna ne ha veramente tante di fronte. Alpinistiche, olimpiche, imprenditoriali, di rispetto e conservazione della natura, culturali.

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