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Allarme ghiacciai alpini. Dimezzati in 100 anni

I ghiacciai delle Alpi hanno subito un dimezzamento della loro copertura nell’arco di un secolo. Il 70% di tale perdita si è verificata negli ultimi 30 anni. Dati allarmanti quelli esposti dal glaciologo del CNR Renato Colucci, intervistato dall’Ansa.

Del riscaldamento globale e conseguente scioglimento dei ghiacci si parla ormai in maniera routinaria. Sempre più sentita a livello globale è la necessità di frenare i cambiamenti climatici per preservare il Pianeta. Ma la velocità con cui il fenomeno si sta verificando forse ci sfugge. Non si parla di ere geologiche ma di una manciata di anni. Per i ghiacciai alpini, come dichiarato da Colucci, si stimano 20-30 anni prima che spariscano totalmente quelli posizionati al di sotto dei 3.500 metri di quota. “La media delle temperature degli ultimi 15 anni non è compatibile con l’esistenza di ghiacciai sotto i 3.500 metri”.

La responsabilità è dell’uomo

Non ha dubbi in merito alle responsabilità di tale scenario Colucci. La colpa va attribuita solo e soltanto all’uomo.

“Quello che ci dicono i carotaggi fatti sui ghiacci di Groenlandia e Antartico è che nell’ultimo secolo l’aumento della CO2 nell’atmosfera è stato cento volte più rapido che in qualsiasi altra epoca negli ultimi 800.000 anni. E la responsabilità non può che essere dell’uomo”.

Le temperature medie sono in continua salita dalla metà degli anni Ottanta. E da allora le dinamiche della neve estiva sono mutate. Sotto i 3.000 metri 30 anni fa persisteva sempre della neve a ricoprire il ghiaccio. Una presenza importante, con funzione preservante nei confronti del ghiacci e in grado di generare la riserva idrica necessaria per formarne di nuovo. Oggi in estate ci troviamo di fronte alla completa asportazione del manto nevoso al di sotto di tali quote. Il ghiaccio resta pertanto esposto al sole e inizia a fondere.

Il futuro delle Alpi

Secondo i glaciologi, se non saremo in grado di fermare il riscaldamento globale, i primi ghiacciai destinati a scomparire totalmente in pochi decenni sull’arco alpino saranno quelli delle Alpi Orientali e Centrali. Potrebbero ancora sopravvivere soltanto le nevi perenni a quote più elevate, dunque sulle Alpi Occidentali.

Il futuro dei ghiacciai nel mondo

Lo scioglimento dei ghiacciai non è di certo un fenomeno localizzato soltanto a livello alpino. I medesimi scenari drammatici possono essere estesi anche alle maggiori catene montuose del mondo, dalle Ande all’Himalaya, alle regioni polari e alle steppe dell’Artico.

Ande

Il glaciologo Colucci ricorda che per alcuni paesi, come il Perù, il Cile e l’India, i ghiacciai rappresentino le maggiori fonti per l’approvvigionamento idrico. Le conseguenze della loro scomparsa sarebbero devastanti per la popolazione.

Aree polari

A livello polare invece, la sparizione dei ghiacci comporterebbe un innalzamento del livello dei mari. Verrebbero sommerse isole e località costiere. Si stima che ai tassi attuali di fusione, la Groenlandia di per sé potrebbe determinare a causa dello scioglimento delle sue superfici ghiacciate all’aumento del livello marino tra i 5 e i 30 centimetri.

Steppe artiche

Nelle steppe artiche un problema aggiuntivo, legato allo scioglimento del permafrost, sarebbe rappresentato dalla emissioni di enormi quantità di metano, il gas serra preponderante nella dinamica del riscaldamento globale.

Himalaya

Un terzo dei ghiacciai himalayani si stima possa scomparire entro il 2100. Un dato emerso da una ricerca condotta dall’International Centre for Integrated Mountain Development (Icimod), di cui avevamo parlato lo scorso febbraio con il professore Claudio Smiraglia, climatologo e glaciologo già presidente del Comitato Glaciologico Italiano e del Comitato Scientifico del CAI nonché componente del Comitato Scientifico Ev-K2-CNR.

Un report che lascia poche speranze sul futuro delle nevi perenni della catena himalayana, affermando che anche in caso di una riduzione nei prossimi anni delle emissioni di gas serra, un terzo dei ghiacciai sarà in ogni caso destinato alla fusione. 

Come per le Ande, a pagarne le conseguenze sarebbe la popolazione. Due miliardi circa di abitanti che utilizzano le acque dei ghiacciai come fonte di approvvigionamento idrico. Altre conseguenze sarebbero rappresentate da un incremento di rischio per le attività alpinsitiche, come stiamo già osservando in questi giorni sulle Alpi. E ancora la formazione di GLOF (glacial lake outburst flood): laghi glaciali che, collassando di colpo, daranno origine ad alluvioni potenzialmente disastrose. Episodi che già si sono verificati in Himalaya.

Si tratta di scenari, come ha tenuto a sottolineare Smiraglia, che non equivalgono a previsioni. “Le previsioni sono quelle meteorologiche e ci sanno dire, con una certa precisione, il tempo che farà domani o dopodomani al massimo. Nel nostro caso si tratta di possibili scenari che si dipanano in decine se non centinaia di anni”. Possibilità future che solo un impegno nel presente può evitare si convertano in realtà.

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