Montagna.TV

Riscaldamento globale e montagne. Non solo scioglimento dei ghiacciai ma anche metamorfosi delle foreste

Dei drammatici effetti del riscaldamento globale sui ghiacciai alpini, il cui ritmo di scioglimento, se non arrestato, si prevede che possa portarne al dimezzamento entro il 2050, abbiamo più volte parlato soprattutto nel corso dell’inverno appena trascorso che, nei suoi mesi centrali, ha visto una quasi totale assenza di precipitazioni nevose sul versante italiano dell’arco alpino e temperature ben oltre la norma.

Gli scienziati stanno da tempo analizzando il fenomeno del sempre più rapido scioglimento delle nevi perenni, evidenziandone le concause allo scopo di ipotizzare delle soluzioni arginanti. Un recente studio condotto dall’Università di Torino ha dimostrato però che non sia solo la salute dei ghiacciai a dover essere monitorata.

Anche le foreste stanno infatti subendo una vera e propria metamorfosi a causa dei cambiamenti climatici. I ricercatori hanno previsto che nella zona delle Alpi occidentali si potrebbe verificare, con l’incremento medio delle temperature e una contemporanea diminuzione delle precipitazioni, una espansione dell’areale delle querce a discapito di altre specie.

Come spiegato da Matteo Garbarino, professore del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Torino, conifere attualmente presenti in alta percentuale negli ambienti alpini come l’abete rosso, il cui habitat preferenziale è rappresentato da siti con temperature non eccessive e un buon grado di umidità, mal tollererebbe una condizione di stress idrico e termico e andrebbe alla ricerca, proprio come accade con le specie animali sottoposte al fenomeno dello “stairway to heaven”, di un nuovo sito più idoneo alla sua sopravvivenza, accrescimento e riproduzione.

Peccete subalpine e boschi di conifere potrebbero dunque spostarsi più in quota e, in termini di latitudine, concentrasi nei Paesi del Nord Europa, a grande distanza dalle vallate piemontesi e valdostane.

Il discorso non cambia per le latifoglie quali il faggio, che predilige ambienti  più oceanici, caratterizzati da precipitazioni frequenti e dunque un elevato grado di umidità costante. A causa della espansione della fascia di clima arido, il faggio sarà costretto a migrare e il suo posto sarà occupato da specie quali il pino silvestre, a oggi tipico delle Valli di Lanzo.

Scenari al momento potenziali, determinati da processi che si verificano su scala temporale abbastanza ampia, ma di certo allarmanti per il futuro degli ecosistemi alpini.

Exit mobile version