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Il TG1 racconta i morti e le code all’Everest di questi giorni

I morti sono 10 sull’Everest, 20 in totale considerando anche gli altri 8000. Le code sono state infinite, attaccati con i jumar alle corde fisse, in salita e discesa.

Grazie a Dio e la montagna benigna ha deciso di non agitarsi troppo. L’Icefall, la cascata di seracchi che per 600 metri di dislivello precipita dai 6,000m circa fino ai 5.400 metri del campo base, si muove verso il basso alla velocitò di un metro al giorno: lo sconquasso quotidiano di torri di ghiaccio e seracchi è garantito, solo la fortuna e la velocità possono aiutare. E certo è che per buona parte degli “alpituristi” di correre non se ne parla proprio. Per camminare devono usare ossigeno supplementare e se la montagna si rivoltasse con un cambiamento di vento e tempo sarebbe una catastrofe annunciata. Anche se i morti, non mancano certo e sono in numero sufficiente a fare notizia sui telegiornali principali a livello internazionale.

Ci sono poi gli sherpa che salgono, scendono, tirano e fanno turni massacranti per portare pesi e uomini; sono lavoratori della montagna che guadagnano relativamente un mucchio di soldi in poche settimane, ma rischiano la vita in continuazione.

Le agenzie nepalesi incassano milioni di dollari, come il Governo del Tetto del Mondo che produce regole marginali e inutili per far finta di arginare un fenomeno che non ha intenzione di limitare. Abbiamo anche degli europei che lavorano da quelle parti, per terra e per cielo.

Intanto la terra e i ghiacciai si riempiono di immondizia, di black carbon, di merda, mille chili al giorno.

Sono migliaia le piazze che hanno accolto in queste settimane i giovani che sull’onda della voglia di natura, ambiente e futuro sostenibile stanno gridando la loro rabbia. Forse un giorno anche a Kathmandu i giovani nepalesi si accorgeranno che hanno trasformato la “Dea Madre delle Montagne” in una fogna a rilascio programmato dallo scioglimento, sempre più rapido, dei ghiacciai e in un centro commerciale delle ambizioni umane.

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