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Il ticket per accedere a Selvaggio Blu, tra i “trekking più difficili d’Italia”, non piace

Un ticket per percorrere il Selvaggio Blu, uno dei trekking più suggestivi d’Europa considerato da molti “il più difficile d’Italia“. Cinque giorni di cammino per percorrere 40 km, con partenza da Santa Maria Navarrese e arrivo a Cala Sisine, costeggiando le falesie della costa di Baunei (Nuoro).

Questa la proposta presentata dal Club di Prodotto Supramonte e dall’Amministrazione Comunale di Baunei il 14 marzo presso la sala convegni Garipa di Santa Maria Navarrese, che ha scatenato una reazione di sconcerto non solo da parte di numerose guide alpine da Nord a Sud della Penisola, che si sono anche espresse in una lettera di disapprovazione dal titolo “Selvaggio a pagamento”, condivisa negli scorsi giorni da Alessandro Gogna sul suo blog, ma anche da parte della Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano, del Gruppo di Intervento Giuridico e di Federparchi.

L’introduzione dell’accesso a pagamento a Selvaggio Blu (30 euro di ticket) e per di più  in numero limitato (50 accessi per volta) potrebbe essere presto parte integrante dell’Ordinanza 2019 per l’uso turistico del territorio civico comunale.

La proposta” – come spiegato nel corso della riunione da Antonio Cabras, Presidente del Club di Supramonte – “prevede un sistema di organizzazione delle presenze giornaliere lungo l’itinerario del Selvaggio Blu e dei bivacchi individuati lungo il sentiero nei cinque giorni di percorrenza”.

In sostanza gli accessi saranno gestiti da una Segreteria, la pulizia e la manutenzione dei bivacchi e delle aree di pertinenza saranno di pertinenza del Club Supramonte mentre  polizia municipale e corpo barracellare garantiranno controlli.

Tali attività saranno coperte economicamente dai ticket pagati dai turisti. L’ipotesi di un   contributo di 30 euro a persona deriverebbe dalla  stima dei costi di gestione e pulizia effettuata dal Comune, pari a 30 mila euro annui. Cifra che divisa per ipotetici 1000 turisti fa appunto 30 euro.

Nei bivacchi potranno pernottare al massimo 50 persone per notte e ogni punto bivacco sarà strutturato in modo tale da consentire il contemporaneo pernotto di 4 gruppi in contemporanea.

Infine, ogni gruppo che prenoterà il trekking Selvaggio Blu dovrà obbligatoriamente appoggiarsi a una delle logistiche autorizzate.

Tale proposta nasce dalle criticità emerse nel corso dell’incontro del 14 Ottobre 2018, al quale aveva partecipato anche il Club Alpino Italiano. Negli ultimi anni, grazie anche ad una buona campagna di marketing, il sentiero ha infatti visto annualmente moltiplicare gli accessi, che si concentrano in particolare nei mesi primaverili e estivi, con rischi conseguenti sia in termini di tutela ambientale che di gestione della sicurezza.

Questo secondo punto è il solo su cui le associazioni ecologiste e di tutela delle attività montane si trovano concordi con i proponenti. L’introduzione di un numero chiuso appare una decisione comprensibile se si tiene conto del fatto che il percorso, realizzato nel 1987 lungo la costa del Golfo di Orosei dai soci CAI Peppino Cicalò e Mario Verin, sia rivolto non a folle di vacanzieri inesperti ma ad escursionisti con competenze alpinistiche, prevedendo calate con corda e tratti di arrampicata e difatti classificato dal CAI come sentiero per alpinista EEA (Escursionisti Esperti con Attrezzatura).

L’argomento di scontro è rappresentato invece dall’imposizione di un pagamento per fruire di un ambiente naturale e soprattutto il non poterne più godere liberamente ma sottoposti a logistiche autorizzate. Come dichiarato da Piero Pandino della Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano, la gestione della logistica e dell’accompagnamento dovrebbe essere effettuata da professionisti cui l’escursionista possa far riferimento in maniera opzionale. In tal caso si tratterebbe di un servizio integrativo, a pagamento ma sottoposto a libera scelta e non imposto di default agli utenti.

Secondo le associazioni, per superare le criticità bisognerebbe puntare sul difendere quella fama che Selvaggio Blu ha acquisito negli anni, ovvero di essere il sentiero più difficile d’Italia. In tal modo ogni escursionista avrebbe già piena coscienza di poterlo o non poterlo affrontare con serenità ed eventualmente scegliere di farlo accompagnato in sicurezza da guide autorizzate.

Lasciare dunque che il Selvaggio resti selvaggio, almeno per chi abbia le competenze per poterlo vivere come esperienza libera e personale senza mettere a rischio la sicurezza propria e degli altri.

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