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Ciao Karl, sono passati dieci anni…

Ciao Karl, son passati dieci anni e mi son reso conto che ora di anni ne avresti 48. Un alpinista maturo e posato. “Ma quando mai?” Mi avresti risposto.

Ti ho sempre considerato un giovane ragazzo della terra altoatesina, ma già allora non eri un ragazzo, eri un uomo che faceva scelte con l’entusiasmo e la passione dei ragazzi, ma con l’ambizione matura di chi vuole cose che sa importanti per la propria vita. Il fare la guida alpina, il maestro di sci, il soccorritore e la consapevolezza di essere forte e determinato per pensare e tentare grandi imprese.

Nel 2004 all’Everest e al K2, con le mie spedizioni che ricordavano l’impresa degli italiani nel ‘54 sulla più bella montagna del mondo, avevi scoperto l’alta quota e il fascino delle grandi montagne di roccia e ghiaccio. Della lunga permanenza, dell’isolamento, degli spazi illimitati e la tua capacità di diventare montagna, immobile nell’evolversi del tempo ma mai uguale a se stessa.

Karl davanti alla parete Rakhiot del Nanga Parbat

Ciao Karl, ci hai lasciato la coraggiosa Silke e gli ormai cresciuti Alex, Miriam e Marco, che con il tuo sorriso hanno continuato la vita; ci hai lasciato anche il valore della passione e della serenità. Per dieci anni i tuoi conterranei hanno premiato nel tuo nome il fair play alpinistico, anche quest’anno lo faranno, per l’ultima volta pare. “Pazienza” avresti commentato ridendo, così va il mondo. È un peccato però.

Tutte le volte che ti passo davanti, con l’aereo che va a Skardu o Gilgit, o sotto sulla Karakorum Highway, guardo il punto esatto dove so che sei, sulla parete Rakhiot, quella più bella e inviolata del Nanga Parbat della quale ti eri innamorato, ti racconto degli ultimi pettegolezzi alpinistici e so che stai ridendo.

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