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Troppi inesperti sul Monte Bianco: «La via francese va resa più difficile»

Smantellare tutte le facilitazioni presenti sulla via normale francese al Monte Bianco in modo da non permettere l’ascesa al tetto delle Alpi agli alpinisti meno esperti. È la proposta delle guide francesi, che in questo modo sperano di limitare gli incidenti – anche mortali – che avvengono sulla via, numerosissimi nell’estate del 2017.

Sotto la supervisione della prefettura dell’Alta Savoia è attualmente in fase di studio un progetto che prevede la riduzione degli aiuti alla progressione (gradini, pioli, cavi) dalla via che porta al rifugio del Goûter.

Una decisione drastica maturata dopo che nell’estate del 2017 14 persone persero la vita e due risultarono disperse. Nel 2016 le vittime furono invece nove.

Rifugio del Goûter. Foto @ Chamonix

Undici dei decessi della scorsa stagione avvennero infatti sulla via normale, contro gli zero del 2016. Decessi che hanno visto coinvolti spesse volte alpinisti disattenti, dotati di un livello tecnico troppo basso o che avevano preso parte ad ascese solitarie o praticate anche in caso di maltempo. «Nessuna di queste morti è avvenuta tra chi ha deciso di farsi accompagnare da una guida» rileva la prefettura, che con questo progetto intende prepararsi ad affrontare al meglio la prossima stagione estiva.

L’Unione Nazionale delle Guide Alpine (UIAGM) e il Sindacato Nazionale delle Guide Alpine (SNGM) dicono di essere “favorevoli” alla sostituzione delle apparecchiature che possono dare un falso senso di sicurezza.

Questa severa decisione «dovrebbe essere un incoraggiamento per la maggior parte degli scalatori del Monte Bianco a seguire un addestramento migliore e con attrezzi migliori e, nel contempo, dissuadere coloro che tentano l’impresa con attrezzature insufficienti o inadeguate perché convinti che i supporti alla via li possano comunque condurre in vetta» spiegano entrambe le organizzazioni in una dichiarazione congiunta.

Anticipando le probabili critiche di elitarismo, le guide hanno sottolineato che la decisione deriva anche da due fattori innegabili: il Monte Bianco è da considerare un 5.000 e non un 4.000 come invece lo sono altre vette alpine e che proprio per questo la sua ascesa resta un’impresa d’alta quota che richiede un impegno affrontabile solo da alpinisti esperti e da spedizioni ben condotte.

Via normale francese al Monte Bianco. Foto @ Camp to Camp

Le due associazioni hanno infine comunicato che «la rimozione dei supporti riporterebbe l’ascesa al Monte Bianco sulla linea dell’alpinismo tradizionale», seguendo così i passi compiuti dall’Unesco per classificare l’alpinismo come patrimonio immateriale e il massiccio del Monte Bianco come patrimonio naturale dell’umanità.

Il progetto in cantiere non è il primo che tenta di limitare l’accesso al Monte Bianco a coloro i quali non sono ben preparati e ben equipaggiati.

Meno estrema come scelta ma comunque d’impatto era stata quella del sindaco di Saint Gervais Jean Marc Peillex, che nell’agosto del 2017 – in seguito alla notizia del trailer inglese di 28 anni scomparso mentre tentava di salire la via normale francese al Monte Bianco in pantaloncini e scarpe da running – aveva emanato un’ordinanza urgente che imponeva a chiunque intendesse salire sul Bianco dalla “Voie Royale” un’attrezzatura di base composta da: berretto, occhiali da sole, maschera da sci, crema solare, giacca calda o guscio in gore-tex, pantaloni da montagna e copri-pantaloni, scarponi da alpinismo con attacco per ramponi, ramponi regolati sugli scarponi indossati, imbragatura e kit per l’uscita da crepacci, corda, piccozza, GPS o bussola e altimetro.

Un’ordinanza su cui avevamo lanciato un sondaggio tra i nostri lettori e che era stata contrastata da Kilian Jornet, che postando una foto di lui nudo sul tetto d’Europa aveva scritto: «Quindi, se si sale dal versante italiano è legale?».

Kilian Jornet nudo sulla vetta del Monte Bianco. Foto @ Kilian Jornet

Sberleffo che però lo spagnolo aveva poi argomentato: «Credo, per esperienza, che regolamenti e limitazioni possano essere una soluzione a breve termine ma che non lo siano nel lungo periodo. La soluzione deve venire dall’educazione e dalla formazione. Quando esco per provare qualcosa torno indietro il 50% delle volte: mancanza di buone condizioni, di capacità, il non sentirsi bene. Quando andiamo in montagna siamo in un ambiente rischioso da cui nessuno è escluso».

In sintesi la tesi dello spagnolo era: non conta il materiale utilizzato ma la capacità di usarlo.

Bisogna però ricordare, a onor del vero, che Kilian Jornet qualche anno fa aveva chiamato il soccorso alpino per lui e per la sua fidanzata proprio perché erano stati colti dal maltempo mentre erano in pantaloncini e scarpe da running sull’Aiguille du Midi.

Vedremo adesso che reazioni susciterà il progetto delle Guide francesi.

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