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Fondi, turismo e fidanzamenti. La ricetta slovena per l’agricoltura alpina

«Chi abbandona la fattoria, raramente torna indietro», afferma Rok Damijan, presidente dell’associazione dei giovani agricoltori sloveni. L’evoluzione in corso in Slovenia non si discosta da quanto avviene negli altri Stati alpini: dal 1980 infatti più della metà delle aziende agricole ha cessato l’attività. Una tendenza al calo che prosegue e che colpisce maggiormente le piccole aziende agricole.
 
Sono sempre meno infatti i giovani intenzionati a lavorare nell’agricoltura. Un problema che costringe molte aziende di tutto l’arco alpino a chiudere. A detta di molti, ciò che manca sono una serie di riconoscimenti e un programma di incentivi mirato. Dalla politica UE fino al supporto nella ricerca – perché no – di un compagno/a di vita che sappia aiutare e supportare il giovane agricoltore nel mantenimento dell’attività.
Foto @ Corriere della Sera

Se da un lato l’agricoltura di montagna contribuisce all’approvvigionamento alimentare locale e alla tutela dell’ambiente, oltre a concorrere allo sviluppo delle aree rurali e al mantenimento del patrimonio culturale; dall’altro non vi è un riconoscimento abbastanza attivo di questi risultati. Risultati che la Convenzione delle Alpi chiede siano riconosciuti dalle istituzioni nazionali ed internazionali, come riportato nel Protocollo “Agricoltura di montagna”.

C’è da dire che la Politica Agraria Comune dell’UE si è fatta nel tempo carico dell’agricoltura di montagna, istituendo anche recentemente un proprio canale di finanziamento per i giovani agricoltori.

Gli incentivi però non sono sufficienti a compensare gli svantaggi dell’agricoltura di montagna rispetto a quella di pianura. Troppo sfavorevoli le condizioni topografiche, troppo limitate le superfici utilizzabili, troppo alto il prezzo dei terreni. Oltre al sostegno finanziario servono infatti strategie di produzione e di commercializzazione regionali ed il riconoscimento internazionale dei prodotti ottenuti da un’agricoltura sostenibile e da piccole aziende – come richiesto da tempo dalla CIPRA. Ulteriori impulsi potrebbero inoltre essere forniti dalla cooperazione con altri settori come il turismo, l’artigianato, la selvicoltura e l’energia.

Foto @ Flickr Uwe Häntsch

Un altro fattore da considerare è infatti quello che l’agricoltura di montagna si è mantenuta meglio nelle regioni alpine in cui sono presenti consolidate attività turistiche. Il turismo offre infatti la possibilità di svolgere attività complementari e di commercializzare prodotti e servizi a livello locale. Un circolo virtuoso, dato che anche la presenza di fattorie ben curate ed un paesaggio vissuto e mantenuto correttamente diventano fattori qualificanti per il turismo.

Dato che l’agricoltura di montagna prospera in uno spazio rurale vissuto e vivace, Damijan pensa che i giovani debbano essere messi nelle condizioni di incontrarsi e fare comunità. Per questo ha deciso di organizzare incontri che hanno tra gli obiettivi – oltre a quello di favorire il dialogo tra i lavoratori di questo settore – anche quello di far trovare ai giovani un o una partner.

«Noi vogliamo mostrare ai giovani agricoltori che non sono soli». Secondo Damijan infatti «la ricerca del partner è una questione di grande rilevanza tra i giovani agricoltori ed incontrando altri agricoltori in un contesto aperto è più facile conoscere qualcuno che sa com’è ed apprezza la vita in campagna».

 

fonte: Cipra

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