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K2, malumori da parte di Urubko

L’umore di Denis Urubko non sembra altissimo, almeno da quanto appare dal suo blog, dove ha iniziato a paventare il fantasma della spedizione fallita del 2003, quando assieme ai polacchi, capospedizione sempre Krzysztof Wielicki, era al K2 a tentare la salita invernale.

Una spedizione molto simile, pesante e con tanti alpinisti, che evidentemente ha lasciato qualche piccola cicatrice. I brontolii di Denis riguardano tutta una serie di “mancanze” e comportamenti “dei polacchi”, come li chiama prendendone quasi le distanze nonostante la recente naturalizzazione, che turbano l’atmosfera ed incidono sull’andamento della spedizione, come era appunto accaduto nel 2003.

Citata da Urbko c’è per esempio la dimenticanza di chiudere le cerniere della tenda quando si lascia il campo, con la conseguenza che chi arriva dopo se la trova completamente piena di neve.

Sotto la lente anche il modo di cucinare dei polacchi nei campi alti, che pare abbiano l’abitudine di preparare il cibo all’interno della tenda chiusa, con il conseguente malfunzionamento del fornello, che rende poco in termini di calore (ma con maggiore spreco) e la dispersione di una parte del gas incombusto, che “avvelena” l’aria.

Anche il fatto che gli alpinisti polacchi in salita non si idratino bevendo liquidi caldi, ma succhiando ghiaccio all’interno delle borracce, lascia perplesso Denis. La riflessione probabilmente è che una minore idratazione va ad incidere sulla prestazione.

E poi c’è la tenda ad un solo strato a campo 2, che fa penetrare il freddo che “congela il cervello e la psiche”.

Raccontando del tentativo di arrivare a campo 3, scrive: “Siamo scesi da un’altezza di 6.500 metri, perché non si riusciva a salire. Siamo tornati alla tenda ed ho raccolto le mie cose perché sulla via basca (la via Cesen ndr) non c’è prospettiva”.

Urubko, con buona mentalità russa, va sul concreto: “È una questione matematica: la via inizia a 5100 metri, siamo arrivati a 6500 metri, dobbiamo raggiungere almeno i 7950 metri. Non siamo nemmeno a metà della via”.

Pianifichiamo il prossimo gruppo, il meteo, quando stabiliremo il terzo campo, le tattiche, pianificheremo di nuovo e calcoleremo i buchi nell’acqua fino a metà giugno…” scrive Urubko.

Quanto sia la sfiducia verso la spedizione e quanta invece possa essere l’ironia, non è facile capirlo, ma nonostante ciò questo sfogo lascia perplessi, soprattutto se viene dell’alpinista che dovrebbe essere il cavallo di punta.

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