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Conosciamo Mauro Leveghi, nuovo presidente del Trento Film Festival

Mancano un paio di mesi alla nuova edizione del Trento Film Festival, ne approfittiamo allora per presentarvi, grazie alle sue parole, il nuovo presidente Mauro Leveghi. Leveghi rimarrà in carica per il triennio 2018-2020 e succede a Roberto De Martin che ha ricoperto l’incarico per due mandati consecutivi, dal 2012 al 2017.

Cosa significa essere presidente del Trento Film Festival?

Per me ha un duplice significato. Da un lato vuol dire portare sulle spalle la grande responsabilità di tutti i miei predecessori con particolare menzione a Roberto De Martin. Roberto ha saputo tessere ottime relazioni sul territorio, ha saputo aumentare le collaborazioni e i partner del festival, ma soprattutto ha portato il Trento Film Festival ad un livello internazionale.

In secondo luogo per me, che sono di Trento e sono stato amministratore di questa città è un grande orgoglio. Questa è una manifestazione che ha portato vivacità a questo centro, un tempo cittadina provinciale dal clima molto chiuso. Il festival ha portato apertura, la montagna è apertura.

Cos’è il Trento Film festival? E cosa vorrebbe diventare il Trento Film Festival?

Il Trento Film Festival è una grande rassegna internazionale con un forte radicamento sulla città di Trento e su tutto il territorio alpino. Un festival che trova le sue fondamenta nell’associazionismo di montagna e che ha avuto la capacità di crescere moltissimo sul piano internazionale. A dimostrarlo il grande livello cinematografico di carattere internazionale della manifestazione ricordando però che è anche un festival della cultura di montagna.

Trovo infatti che oggi ci sia bisogno di una riflessione più ampia sulle terre alte. Non solo sulla verticalità, sulla salita, sulla difficoltà. Oggi bisogna pensare alla montagna tutta. A quel territorio che è anche cartina tornasole sui cambiamenti climatici. A quella montagna maestra di vita, di ambiente riflessivo che ricorda la lentezza necessaria per raggiungere gli obiettivi, ma che necessita di rapidità nell’innovazione per poter resistere.

Come si può permettere la rapidità dell’innovazione nelle terre alte?

Lo spiego con l’esempio Trentino dell’autonomia. Quella che abbiamo ottenuto nel 1100 per la gestione di pascoli e boschi. Già in quel tempo si era capito che per permettere la convivenza di uomo e montagna era necessario dare autonomia alle popolazioni locali, dialogare con le popolazioni locali. Un concetto tutt’ora valido perché si la montagna è una risorsa e va “sfruttata”, ma dall’altra parte bisogna porsi dei limiti nei confronti della montagna.

Da questo punto di vista il festival è la finestra che può dare visibilità ai tanti aspetti della montagna.

Quindi lei pensa ad un Trento Film Festival che darà più spazio ai prodotti della montagna?

Io credo che dovremmo andare in questa direzione, dare spazio anche agli aspetti culturali e produttivi della montagna.

Negli ultimi anni gira voce che il tono del festival stia calando. Cosa ne pensa e come pensa di affrontare questo problema, se esiste?

Premesso che noi, il nostro direttivo è stato eletto da poco, per usare un modo di dire siamo saliti sul treno in corsa: nel senso che l’organizzazione del festival non si ferma. Questa che mi chiedete è una riflessione complessa su cui non si può dire molto se non che laddove sarà necessario deviare traiettorie lo si farà nel corso dell’anno. Un ragionamento più compiuto sarà possibile solo nei prossimi mesi.

D’altro canto posso dire che non ho questa sensazione. I nostri numeri sono cifre che riteniamo un’impesa saper mantenere. Nell’ultima edizione del festival abbiamo avuto numeri importanti che speriamo di ottenere anche nelle prossime edizioni. Ovviamente però con tutti gli aspetti poliedrici del festival ci possono essere opinioni diverse di chi, ad esempio, ambisce ad accendere i riflettori su argomenti diversi da quelli proposti.

 

 

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