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11 gennaio 1986: Kukuczka e Wielicki firmano la prima invernale al Kangchenjunga

11 gennaio 1986: Krzysztof Wielicki e Jerzy Kukuczka salivano per la prima volta il Kangchenjunga (8586m, terza montagna più alta della terra)  in inverno, per la via normale sulla parete sud-ovest. Wielecki, ora al K2 come capo della spedizione polacca, raggiungeva così il suo secondo 8.000 invernale. La salita fu compiuta completamente in stile alpino, senza portatori e senza l’utilizzo dell’ossigeno. Durante la salita perse la vita, a causa di un edema polmonare, l’alpinista polacco Andrzej Czok. Qui sotto potete leggere un breve estratto dal libro “Art of Freedom, the Life and Climbs of Voyek Kurtyka” di Bernadette McDonald’s dove si raccontano l’ultimo attacco alla vetta e la tragica fine di Andrzej Czok. 

Jerzy Kukuczka e Krzysztof Wielicki con Wanda Rutkiewicz, prima donna ad arrivare in vetta al K2. Nel 1992 Wanda perse la vita proprio sul Kanchenjunga

Dopo quella partenza ingloriosa, altre due squadre partirono per arrivare in cima: Jurek Kukuczka e Krzysztof Wielicki, Andrzej Czok e Przemek Piasecki. Mentre salivano verso l’alto, non si poteva non notare la persistente tosse di Andrzej, a causa dell’altitudine. Era strano, considerata la sua attitudine alla quota e la sua forza fisica. I suoi record erano impressionati: una nuova via sul K2, il Lhotse senza ossigeno, una nuova via sull’Everest, la parete ovest del Makalu, il Dhaulagiri, il Kangchenjunga sarebbe stato il suo quinto ottomila in inverno. La tosse di Andrzej peggiorò man mano che salivano sempre più in alto: l’aria secca e gelida non aiutava. Al Campo IV fu chiaro che Andrzej avrebbe dovuto scendere. Solo Jurek e Krzysztof avrebbero continuato. 

L’11 gennaio partirono alle 5:45, a 800 metri dalla vetta, arrancando nell’aria gelida. In poco tempo iniziarono a perdere la sensibilità alle gambe. Alle 10 del mattino il sole li colpiva e li riscaldava, attivando la circolazione alle estremità. Si muovevano da soli, ognuno al proprio ritmo. Dal momento che il terreno non era troppo ripido non avevano bisogno di fermarsi. Krzysztof raggiunse per primo la cima, e scendette immediatamente. Jurek lo incontrò proprio sotto la cima, non si scambiarono nemmeno una parola. Le loro menti erano offuscate. Erano robot. Dopo alcune foto, anche Jurek tornò giù. Si diressero verso il campo, qui comunicarono il successo al campo base. La risposta fu priva d’entusiasmo, perché molto più in basso Andrzej stava molto male. 

A metà strada tra i campi IV e III, Andrzej  era diventato così debole che riusciva a malapena a camminare. A campo III, in una tenda, passarono la notte a reidratare Jurek e Krzysztof, e a somministrare diuretici ad Andrzej. Le sue condizioni peggiorarono di minuto in minuto. Ad un certo punto guardarono il Andrzej che riposava. Aveva smesso di respirare“. 

 

Il libro “Art of Freedom, the Life and Climbs of Voyek Kurtyka” è attualmente disponibile sul mercato italiano solo in inglese. La casa editrice Alpine Studio pare stia curando la traduzione e la pubblicazione dovrebbe essere prevista per aprile 2018.

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