Montagna.TV

Il calcio piange, ma l’alpinismo ride?

L’Italia fuori dai mondiali 2018, la stampa tutta l’ha definita una tragedia, addirittura un’apocalisse. Ma si sa, “là nel paese del melodramma” come diceva Giovannino Guareschi, c’è un certo gusto per le lacrime amare (e per i processi in pubblica piazza). Anche se, vedendo i conti, la vera tragedia sembrerebbe più economica con quei 100 milioni andati in fumo tra sponsorizzazioni e premi vari, ma tant’è, oramai è fatta. 

L’urlo disperato Gigi Buffon dopo il pareggio tra Italia e Svezia che ha condannato la nazionale di calcio a non partecipare ai Mondiali 2018 in Russia.

Il calcio italiano fa mea culpa e nel repulisti generale di allenatore e dirigenti cerca di trovare un punto solido da cui ripartire. Ma il flop dello sport più seguito, permetterà, forse, agli sport considerate “minori” (perché seguiti meno dai media) di uscire dalla zona d’ombra dove sono sempre stati costretti e tra questi ci sono sicuramente delle eccellenze che meritano di più la luce dei riflettori, vedi il nuoto o la pallavolo, la scherma, ma la lista è sicuramente molto lunga.

Ora, uno potrebbe pensare, che cosa c’entra una riflessione del genere su un sito che parla di montagna? Cosa c’entra l’alpinismo con tutto ciò? Si sa che l’accostare sport e alpinismo fa storcere il naso a molti e anche se dal 2020 l’arrampicata sportiva andrà alle Olimpiadi di Tokyo questo non cambia molto le cose. 

La differenza  tra sport e alpinismo c’è ed è anche forte, ma è come il vento: la senti ma non la vedi. Se chiedete a un personaggio qualsiasi di paragonare la salita al Cerro Torre a una finale dei Mondiali risulterà lampante a tutti che il paragone non può reggere, ma ricercarne le ragioni forse non è così immediato. 

Tuttavia il paragone potrebbe starci se a essere paragonate sono le figure dello sport. Se accostate un Buffon a un Simone Moro o a un Bartali o a un Messner o una Federica Pellegrini ecc ecc il paragone sembrerà meno straniante. Un conto è parlare di sport e le sue regole,  un altro conto è parlare del personaggio che si misura con la sua determinazione, il suo fisico e la sua testa in acqua, sul prato rincorrendo una palla o lottando contro la gravità su qualche parete. Pensata in questi termini forse il paragone ci sta, regge, e ne è la prova che Marco Confortola a Parma lunedì scorso è stato premiato come alpinista per meriti sportivi

L’urlo di gioia di Michele Cucchi in vetta al K2 nel 2014

Ma tornando al discorso di prima, l’alpinismo italiano, voce fuori dal coro nel panorama sportivo nazionale (ma il discorso si può allargare tranquillamente al mondo intero), come sta messo? Cioè, è possibile fare un punto della situazione qualitativa dell’alpinismo nostrano? Se dovessimo fare una rosa di undici alpinisti da mandare a un improbabile (per fortuna) mondiale dell’alpinismo, chi manderemmo?  

La nostra è a metà strada tra la provocazione e l’inchiesta, che nelle prossime settimane ci porterà a chiedere alle figure più importanti (presenti, passate e future) e rappresentative del nostro alpinismo  lo stato di salute  di questo “sport nobile” che più tra tutti, nell’opinione di chi scrive, si avvicina all’arte (chiedere a Corona o Manolo), e come propriamente tale, bellissimo punto d’incontro fisico tra terra e cielo.   

Exit mobile version