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“In TV voglio trasmettere il rispetto per la montagna” – Intervista ad Hervé Barmasse

Il 5 novembre ritornano, su Rai 3, gli appuntamenti fissi con l’alpinismo grazie alla rubrica di Hervé Barmasse a Kilimangiaro. Abbiamo approfittato di quest’occasione per fare qualche domanda all’alpinista valdostano sul mondo del grande schermo che di solito non si presta facilmente al racconto di scalatori e di imprese in montagna.

 

Da cosa nasce questa rubrica?

“Molto semplicemente dall’interesse della Rai nel comunicare la montagna attraverso l’esperienza diretta di chi la vive tutti i giorni e ha voglia di raccontarla”.

Come mai sei stato scelto per quest’appuntamento fisso?

“Kilimangiaro è una trasmissione che parla di viaggi, ambiente, natura, cultura e tradizioni. Credo che siano andati alla ricerca della figura che meglio si legasse a queste tematiche. Ma la scelta è dipesa anche dal mio modo di comunicare la montagna che va vissuta non solo attraverso i numeri, ma anche e soprattutto attraverso le nostre emozioni.

Che rapporto hai con la TV?

“È un ambiente in cui è importante essere umili e cercare di apprendere. A volte devi adattarti alle ragioni e alle tempistiche del piccolo schermo. Devi imparare ad adeguare il linguaggio che non sempre può essere quello alpinistico. Ma non sono state difficoltà, anzi, uno stimolo a migliorare e d’aiuto nel proporre l’alpinismo in TV che spesso diventa difficile da presentare soprattutto quando si entra troppo nei dettagli tecnici e lo si trasforma in un argomento di nicchia”.

A Kilimangiaro racconterai anche della tua ultima esperienza sullo Shisha Pangma?

“Certo, magari non proprio alla prima puntata ma ne parlerò. A parte questo però, in questa nuova edizione, c’è l’intenzione di portare la gente in montagna attraverso dei micro documentari che gireremo nei prossimi mesi. Gite molto semplici per mostrare al pubblico italiano che la montagna è bella, affascinate, meravigliosa.”

Cosa cercherai di passare al pubblico?

“Vorrei riuscire a passare il messaggio che  in montagna, idealmente, non esistono vinti e vincitori, che tutti possiamo frequentarla ma ad una condizione molto importante, il rispetto. In montagna si gioca spesso sull’idea che non ci siano regole, ma esistono valori e un’etica che se seguiti, lascerebbero più pulite e ordinate le nostre Alpi, le Ande, l’Himalaya. Dobbiamo accettare l’idea che noi non possiamo fare tutto quello che vogliamo lassù. Che le competenze si apprendono gradualmente e con l’esercizio costante. Ma soprattutto che l’arrivare in cima a tutti i costi è un concetto superato. Nella montagna il fallimento stesso è ragione, saggezza. È l’intelligenza dell’uomo di dire: questo è il mio limite”.

Per fare un po’ di gossip, abbiamo letto in un tuo post instagram che verso febbraio o marzo andrai in Nepal per allenarti. Che programmi hai nel tuo futuro?

“Si, in primavera andrò in Nepal per un allenamento propedeutico agli 8000. Un training simile a quello dell’anno scorso, occasione nella quale mi sono allenato con David e Ueli Steck.

Diciamo che l’idea per il nuovo anno sarebbe l’apertura di una nuova via su una montagna di 8000 metri. Ma chissà che non si riesca a combinare qualcosa di bello anche sulle Alpi”.

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