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“Maledetto Appennino, da Amatrice a Rigopiano”: 5 mesi di dolore e gioia dei Vigili del Fuoco in un libro

Ci sono le lacrime di Fausto Gentili che riporta alla vita un uomo strappandolo alle macerie di Fonte del Campo e dopo dieci ore d’intervento si concede “il pasto degli eroi”: pane e acqua. E c’è il desiderio più profondo di Angelo Moroni, che dal cratere di Pescara del Tronto estrae le due sorelline di 9 e 5 anni, la prima morta, la seconda in vita: “Cosa speri per lei? Che si dimentichi di me. Solo questo”.

‘Maledetto Appennino’ è il libro che racconta i cinque mesi d’inferno che migliaia di Vigili del fuoco italiani hanno vissuto dal 24 agosto dell’anno scorso, il giorno della prima scossa, al 19 gennaio del 2017, quando una valanga si è abbattuta sull’hotel Rigopiano.

Cinque mesi senza tregua, di fatica e dolore, ma anche di gioia per le decine di persone che, grazie al loro lavoro, sono sopravvissute ai crolli che hanno devastato il centro Italia. Lo ha scritto, con l’editore Castelvecchi”, Luca Cari, il responsabile della Comunicazione in emergenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per dire grazie a tutti i pompieri. Perché, come scrive lui stesso, “per quello che vedo fare a tutti loro ogni giorno a favore della collettività, credo che ciascuno di noi, come pure le istituzioni e la politica, dovremmo essere più riconoscenti di quanto non siamo”. Nel libro ci sono le storie che hanno fatto il giro del mondo, come quella di Mauro D’Angeli che abbraccia la piccola Giulia appena salvata ad Amatrice, ma anche i retroscena del lavoro del vigile del fuoco. Mai, ad esempio, dire “buon lavoro, buona fortuna o in bocca al lupo ad un pompiere che va su un intervento – scrive Cari – perché si gratta”.

Al massimo si può dire “stai attento, che significa tutto”. E anche qualche polemica: per come nella prima fase dell’emergenza sono state fornite indicazioni “approssimative e a volte contraddittorie”, o per la presenza in certi casi di troppa gente inesperta sulle macerie. “Nei primi giorni – dice Cari – ci stanno in giro per il cratere un’infinità di segugi che sembra di stare ad un’esposizione internazionale. Ma se manca un addestramento specifico è come se si portasse il proprio cane in aeroporto per fiutare droga o esplosivo”.

C’è anche, nel libro, il racconto di gesti semplici eppure di un’umanità estrema. Come quello di Gianluca Cannone, che trova 200 euro tra le macerie dell’hotel Roma e giorni dopo aver concluso gli interventi riesce a rintracciare la moglie del proprietario di quei soldi, morto nei crolli, e glieli consegna. In quei cinque mesi, scrive ancora Cari, “ho vissuto strazi ma anche gioie sconfinate, ho toccato l’esaltazione dei colleghi quando hanno salvato vite e il dolore di quando hanno recuperato morti, ho partecipato alla felicità di chi ha visto restituiti un affetto e alla disperazione di chi ha perso tutto”. Insomma, il “solito impasto di gioia e dolore, un rovescio della medaglia cui un pompiere è abituato a sottostare”. Non c’è però senso di colpa, tra questi uomini che per mesi hanno lottato contro un mondo che continuava a sobbalzare.

“Il rimorso non è un sentimento che ci appartiene, il dolore sì, e anche tanto. Ma il senso di colpa non ci sta se hai rischiato la tua vita per salvarne un’altra e non ci sei riuscito”. Quella che è certa è la fatica, soprattutto psicologica, che migliaia di uomini hanno dovuto sopportare in 156 giorni, tanto è passato da Amatrice a Rigopiano. Luca prova a spiegarla così: “Torniamo a casa, buttando giù il boccone amaro di ciò che è stato. Ognuno a modo suo, con i suoi tempi, assorbirà il dolore per spacchettarlo e piazzarlo in frantumi nella testa e nel cuore, perché così sparpagliato possa faticare a ricomporsi e non faccia troppo male”.

 

Fonte: ANSA

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Un commento

  1. A giudicare dalle rovine, l ‘Appennino ha fornito solo pietre e sassi per le mura ed alberi per travi e carpenteria. Poi le tecniche costruttive e le malte scarse hanno fatto il danno.Oltre a collocazioni ardite geologicamente.

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