Alpinismo

L’Himalayan Database: non un notaio, ma una risorsa per gli alpinisti

Una volta raggiunta la propria meta, la cima, il rifugio o altri obiettivi, la maggior parte di noi scatta almeno una fotografia. Se si tratta di spedizioni dal grosso eco mediatico spesso esistono anche video e le tracce GPS in tempo reale.

Capita però che talvolta tutto questo non accada e quindi ci si debba fidare, o non fidare, delle parole degli interessati. In questi casi il dubbio che l’obiettivo sia stato davvero raggiunto è subito dietro l’angolo. L’opinione comune ritiene che in questi casi a sancire l’ufficialità di una salita sia l’Himalayan Database, almeno con riferimento alle montagne di suo interesse e competenza, ma Billi Bierling spiega, a La Voz de Galizia, perché non è proprio così. La donna, ora è a capo di questo “registro”, è stata per anni assistente di Elizabeth Hawley, chiamata anche Miss Himalaya, colei che ha gestito ufficialmente il database e che ora, a 93 anni, pur essendo fisicamente debole e in pensione, continua ad essere informata di ciò che accade sulle vette.

Elizabeth Hawley con Ueli Steck nel 2013 dopo l’Annapurna

Per completare ed aggiornare il più completo database sugli ottomila, anche come risorsa utile a tutti coloro che hanno intenzione di perseguire una nuova spedizione, lo staff si avvale di interviste dirette agli alpinisti e report redatti dagli stessi, ma rifiuta il ruolo di notaio delle vette più alte della terra, precisando che non vengono rilasciati certificati proprio perchè la loro funzione è solo quella di raccontare e informare di ciò che accade su quelle montagne. “Noi non certifichiamo alcuna ascesa. Gestiamo un database e ci fidiamo delle versioni che ci comunicano gli stessi scalatori – dichiara la Bierling –. Tuttavia, se si creano ragionevoli dubbi sulla veridicità delle versioni dichiarate, noi approfondiamo e iniziamo a fare domande a tutti coloro che possono avere risposte. Se le testimonianze contrarie al raggiungimento di una vetta sono abbastanza solide, apponiamo la dicitura “Contesa” nel file della salita in questione e pubblichiamo anche il report redatto con tutte le informazioni raccolte, senza esprimere un’idea soggettiva al riguardo”. Bierling spiega inoltre che la prova fotografica non è più così significativa come testimonianza perché “oggigiorno la gente è molto brava con photoshop”. I GPS soffrono ancora le debolezze della tecnologia ed oltre a malfunzionamenti possono non registrare la posizione esatta, segnandone una poco distante ma pur sempre diversa. La parola degli alpinisti resta ancora l’elemento più importante e significativo.

Elizabeth Hawley e Simone Moro

Una buona descrizione della giornata in cui si raggiunge la cima, della via o di ciò che accade sulla montagna sono i migliori modi per provare la propria salita.

Dati i moltissimi alpinisti che ogni anno si recano a tentare le vette più alte del mondo, l’Himalayan Database ha collaudato e diffonde un questionario da completare dove si richiedono moltissime informazioni, anche molto dettagliate in quanto potrebbero essere le più rilevanti.

Oggigiorno, continua la Bierling, molte persone cercano prove e dati che testimonino il successo di qualcuno, soprattutto quando si tratta di potenziali premi, ritorni mediatici ed economici, ma spesso chi lo fa non capisce che certe volte per fare determinate impresa serve dissociarsi da tutto il resto del mondo, senza quindi pensare a registrare in qualche modo quanto fatto.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close