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È in edicola il nuovo numero di Meridiani Montagne dedicato alla Val Grande. L’editoriale del direttore Marco Albino Ferrari

È in edicola da martedì scorso il nuovo numero di Meridiani Montagne dedicato alla Val Grande. Ecco l’editoriale del direttore Marco Albino Ferrari:

“Qui in redazione ci ha colto un amore inatteso. Non era mai capitato in 16 anni di vita di Montagne. Mai in 84 monografie. Sarà dunque vero che la Val Grande ti cattura nel profondo? Forse sì, almeno a noi così è successo.

Con Valentina Scaglia – naturalista e grande esperta del luogo – siamo tornati spesso in “Valle” nell’arco di un anno per preparare l’uscita di questo numero. Chilometri in cammino, con l’afa estiva e con la neve, anche sul magnifico Sentiero Bove, la più antica e a lungo dimenticata alta via delle Alpi, dove abbiamo ritrovato il filo di una toccante storia romantica.

La Val Grande è l’area wilderness più vasta d’Italia. Ed esattamente un quarto di secolo fa (era il 2 marzo 1992) veniva istituito l’omonimo Parco nazionale, che in questo arco di tempo si è speso in modo saggio e discreto per tutelare il proprio territorio. Lo ha fatto, per esempio, con la messa in sicurezza di alcuni sentieri (solo alcuni, però, preservando così lo stato selvaggio di ampie zone rimaste difficili da raggiungere).

Oggi la Valle è sempre più celebrata come un santuario della natura profonda, eppure questi stessi territori erano ampiamente abitati fino a metà del secolo scorso, prima che un inarrestabile spopolamento segnasse la sorte di intere comunità. Di quella “civiltà della fatica” rimangono le tracce, fantasmi ormai seminglobati nella foresta. Ovunque si incontrano terrazzamenti, manufatti in pietra, ruderi di vecchie abitazioni. Sono presenze che paradossalmente amplificano il senso della solitudine, il senso di un’assenza. La Val Grande non si dischiude dunque in uno stato verginale, priva di impronta umana come all’alba del mondo. E ciò, se possibile, risulta ancora più spiazzante per il visitatore. Chi entra in Valle si pone di fronte al senso profondo della wilderness. Che è la vertigine prodotta dalla potenza della natura: l’umano sovrastato dal non-umano in un tempo sospeso, preesistente e successivo al nostro passaggio”.

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