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Quelle comunità montane a livello del mare

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TARANTO — Batte forte il sole, questo pomeriggio, sulla pianura tarantina. E nemmeno gli influssi del mare, che dista solo 5 chilometri, riescono a lenire l’arsura di un posto che sembra la steppa ucraina. Seguendo la statale, pressochè deserta, arrivo a Palagiano, un paese di 15mila persone immerso in un territorio ben descritto dallo stemma araldico del vicino Palagianello, tutto mucca, prato piatto come una tavola da surf e azzurro del mare. Vi chiederete come mai un inviato di montagna.tv si trovi quaggiù. Presto detto, per vedere di persona un prodigio dell’italica burocrazia: la prima comunità montana senza montagne.

Sì, perchè Palagiano non ha salite né discese e svetta all’altitudine di 39 metri sul mare: andate al 5° piano di un palazzo di Milano e li saluterete dall’alto. Ma non solo. Palagiano, insieme ad altri 8 comuni, fa parte della Comunità montana della Murgia Tarantina che ha un’altezza media di 213 metri: da far invida all’Himalaya.
 
Eppure, tanto è bastato (nella foto, il litorale di Palagiano) per mettere in piedi una Comunità montana in piena regola. Con un presidente, 6 assessori, 27 consiglieri e un segretario generale. E, dal momento che i nove paesi insieme fanno 100mila abitanti, ecco anche "allegri" stipendi. Identici a quelli di sindaco, assessori e consiglieri di una grande città ai piedi delle Alpi come Bergamo. 
 
Con un bilancio di 400mila euro l’anno, quello di Palagiano è uno dei tanti casi – a dir poco paradossali – che coinvolgono talune "comunità montane" che di montano hanno a malapena il nome. Ma che ricevono lo stesso fior di finanziamenti: europei, statali, regionali e provinciali. Ovvero, denaro pubblico spremuto della tasche dei contribuenti.
 
Ma come è possibile che esistano comunità montane a livello del mare? Il misterioso meccanismo ce lo spiega il giornalista del Corriere Gianantonio Stella, nel suo libro "La casta".  Di "allegre comunità" ce ne sono sparse un po’ per tutto il Belpaese. "Sono il frutto di una serie di leggi regionali che, interpretando a modo loro una sentenza della Corte costituzionale, si sono inventate la possibilità d’inserire nelle comunità montane anche comuni che montuosi non sono, ma sono contermini. Concetto astruso con cui si potrebbe fare, di contermine in contermine, dell’intera penisola un’unica comunità montana", scrive Stella.
 
Dalle parti della Puglia tuttavia si sono "accontentati". Hanno deciso di costituire "solo" 6 comunità montane comprensive di 63 comuni, nonostante la loro sia la più piatta dalle regioni italiane.
 
E lo stesso hanno fatto in Campania, che ha la metà degli ettari montagnosi della Lombardia, ma il doppio dei dipendenti e il triplo dei contributi pro-capite. Lo aveva fatto anche la Sardegna che era arrivata alla cifra record di 25 comunità montane. Con casi davvero clamorosi. Come quello che comprendeva Santa Giusta che, a parte un pezzetto di territorio dei dintorni, sorge su uno stagno della piana di Arborea (altezza da 0 a 10 metri sul livello del mare). Oppure Olbia che faceva parte della "singolare" comunità montana della "Riviera" di Gallura.
 
Con l’arrivo di Renato Soru, le comunità montane sarde sono state ridimesionate. Chiuso un rubinetto che forniva 11 milioni di euro l’anno, dei 25 enti ne sono rimasti 8.
 
Il dramma di tutta la vicenda è che la montagna, quella vera, è in grande difficoltà. Ci sono intere valli del Nord Italia che rischiano lo spopolamento per la mancanza di fondi e investimenti. Ci sono paesi ancora privi dei servizi fondamentali, compresi quelli medici. E fa male vedere che, resta di stucco è un barbatrucco, una parte consistente dei due miliardi di euro che ogni anno dovrebbero andare ai paesi in quota finisca invece "al mare".
 
 

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