Quell’incredibile osservatorio alto sette metri in cima al Monte Bianco
Per 15 anni, dal 1893 al 1908, sui 4810 metri del “tetto d’Europa” ha funzionato un osservatorio astronomico, poi inghiottito dal ghiaccio. Il suo ideatore, Louis Jules-César Janssen, è stato issato per tre volte fin lassù su una slitta
L’inglese Edward Whymper, primo salitore del Cervino, delle Grandes Jorasses e dell’Aiguille Verte, ci ha lasciato immagini e scritti affascinanti. Nella sua Guide to Chamonix and the Range of Mont Blanc, pubblicata nel 1896, ha inserito decine di schizzi che descrivono i paesaggi del massiccio, e raccontano la sua storia.
A pagina 65, all’inizio del capitolo The observatories upon Mont Blanc, compare il ritratto di uno scienziato dallo sguardo penetrante. Sei pagine più avanti, Louis Jules-César Janssen ricompare seduto su una slitta trainata da una dozzina di guide. E’ l’11 settembre 1893, e il professore parigino può partecipare solo in quel modo al suo trionfo. L’inaugurazione del suo osservatorio sui 4810 metri della vetta.
Negli ultimi anni dell’Ottocento, sul Monte Bianco, dopo gli anni della conquista delle vette più alte, una nuova generazione di alpinisti sale i picchi più difficili come il Dente del Gigante, il Grépon e i Dru. A Chamonix si moltiplicano gli alberghi, più in alto si erigono nuovi rifugi, compaiono per la prima volta gli sci. Nel 1901 viene presentato il progetto per un treno a cremagliera fin sulla vetta più alta.
L’osservatorio voluto da Joseph Vallot a 4362 metri di quota
Anche la scienza sale sui pendii del massiccio. Joseph Vallot, un meteorologo nato nel Sud della Francia, installa a partire dal 1887, con l’aiuto del cugino Henry, tre stazioni meteo a Chamonix, sulle rocce dei Grands Mulets e sulla cima del Bianco.
Trascorre tre giorni e tre notti in tenda a 4810 metri di quota, verifica le reazioni del suo organismo e di quello dei suoi compagni di avventura, costruisce a sue spese un osservatorio sui 4362 metri delle ultime rocce ai piedi della cresta delle Bosses. All’edificio destinato agli scienziati affianca un rifugio di fortuna, sempre aperto, che negli anni salva la vita a centinaia di alpinisti sorpresi dalla bufera, o troppo stanchi per proseguire verso valle.
L’osservatorio Vallot entra in funzione nell’agosto del 1890. Il suo primo ospite è il professor Janssen, classe 1824, che è un meteorologo famoso e un membro dell’Académie des Sciences francese. Ha subito un grave incidente da ragazzo, riesce a camminare a fatica, in montagna può salire solamente su una slitta. Per tre volte, però, sale sul Monte Bianco.
Nel 1893 l’inaugurazione dell’osservatorio di Janssen sulla vetta
Negli anni che seguono, mentre Vallot lavora nel suo osservatorio, e raggiunge per 34 volte la vetta, Janssen vuole far costruire un altro laboratorio a 4810 metri, per studiare meglio i raggi solari. Per progettarla contatta Gustave Eiffel, quello dell’omonima Torre. Il famoso ingegnere accetterebbe solo se fosse possibile posare le fondamenta sulle rocce, ma i sondaggi arrivano a 12 metri di profondità senza incontrarla.
Allora Janssen fa costruire lo stesso il rifugio, poggiandolo e ancorandolo al ghiaccio. E’ una struttura di legno e metallo, a tre piani e di sette metri di altezza, coronata da un’edicola in legno. I pezzi del prefabbricato arrivano sul “tetto d’Europa” sulla schiena di 700 portatori.
Alla fine dei lavori, Janssen viene trasportato per la prima volta sulla cima. L’immagine disegnata da Whymper mostra uno dei passaggi più facili dell’impresa. Sul ripido sentiero da Chamonix alla Montagne de la Côte, o sull’aerea cresta di neve delle Bosses, le guide devono faticare molto di più.
Qui un passo indietro s’impone. Louis Jules-César Janssen, nonostante la sua menomazione alle gambe, oltre a essere un grande scienziato è un avventuriero di razza. Per le sue osservazioni si spinge fino in Perù, in India, in Siam (oggi Thailandia) e in Giappone, dove osserva il passaggio di Venere davanti al Sole, con un “revolver fotografico”, una rudimentale macchina da presa che precede di quasi vent’anni quella dei fratelli Lumière.
E’ tra i primi a impiegare in astronomia lo spettroscopio a prisma, dimostra che la Luna non ha un’atmosfera, e che quella di Marte contiene vapore acqueo. E’ Janssen, insieme al chimico inglese Edward Frankland, a scoprire l’elio. Alla fine del 1870, quando Parigi è assediata dall’esercito prussiano, fugge con un pallone aerostatico, e poi raggiunge Orano, in Algeria, per osservare un’eclissi di Sole.
Anche sulla cima del Monte Bianco, per anni, i collaboratori di Janssen effettuano delle osservazioni importanti. Grazie a degli strumenti raffinati compiono importanti osservazioni sul Sole, su Saturno e su Giove. Nel 1895, quando Janssen sale per la terza e ultima volta alla vetta, l’osservatorio viene dotato da una stazione meteorologica in grado di registrare i dati per otto mesi.
Nel 1896 viene installato anche un telescopio rifrattore con un obiettivo di 33 centimetri, costruito dai fratelli Henri di Parigi. Tre anni dopo, grazie a un cavo lungo 10 chilometri, l’osservatorio viene collegato al fondovalle da un telegrafo. Nel 1904 al telescopio viene aggiunto uno spettrometro.
Nel 1909 il ghiacciaio si prende l’edificio
Oltre alle ricerche astronomiche, a 4810 metri si lavora sull’elettricità atmosferica, sull’ozono, sull’aumento dei globuli rossi nel sangue a causa della scarsità di ossigeno in quota, sui batteri in grado di sopravvivere nei ghiacci. Ma la fine è vicina.
Nel 1906, i movimenti del ghiaccio rendono instabile la struttura, che viene “raddrizzata” dall’architetto francese Baudoin, che aggiunge un riparo a disposizione degli alpinisti. Nel 1909, quando Janssen riposa ormai da due anni nel cimitero parigino del Père-Lachaise, il suo laboratorio viene definitivamente inghiottito dalla montagna.
E’ il collega e rivale Joseph Vallot a recuperare la torretta con cui la struttura culminava, e a riportarla a Chamonix. Oggi quella “piccola Torre Eiffel” di legno e metallo, coronata da un cannocchiale, è esposta nel Musée Alpin della cittadina francese, accanto alla slitta-portantina di Janssen. Nella stessa sala è stato ricostruito il “salotto cinese”, con tanto di statue e tende in stile, che Vallot si era fatto allestire nel suo Osservatorio. Gli scienziati dell’alta quota amavano riposare comodamente.







