Comici, i fratelli Dimai e la nord della Cima Grande di Lavaredo
Il 13 agosto 1933 una delle più formidabili cordate dell’epoca parte all’attacco della “parete impossibile”. Il giorno dopo raggiungeranno la vetta
Nella calda estate del 1932 due triestini guardano insieme le pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo. Erano il giovane Emilio Comici e Julius Kugy con 43 anni in più e molta esperienza sia in montagna sia nella vita. Erano entrambi affascinati dalla “lavagna” della parete nord di Cima Grande di Lavaredo e Kugy disse all’amico triestino che quella parete sarebbe stata sempre impossibile da scalare. Emilio Comici scosse la testa rispondendo che gi avrebbe dimostrato il contrario.
12 mesi dopo la cordata formata dalle guide cortinesi Giuseppe e Angelo Dimai e da Emilio Comici vinceva per la prima volta la parete nord della Cima Grande, la più alta e centrale delle tre vette del gruppo. Il 14 agosto raggiunsero la vetta dopo aver bivaccato non appena superate le ultime difficoltà sull’arancione la notte del 13.
Era stata “disegnata” una delle vie più famose nel mondo dell’alpinismo, la Comici-Dimai (VI-, A1, 550 m).
I fratelli Dimai avevano approcciato la parete già altre volte ed erano sempre stati costretti a tornare sui loro passi. I due cortinesi avevano tentato diverse volte nell’estate del 1933, erano stati tutti tentativi con importanti figure dell’alpinismo di quei tempi: Ignazio Dibona, Giuseppe Ghedina e Angelo Verzi. Le guide di Cortina volevano vincere la parete nord di Cima Grande prima che l’impresa riuscisse a una cordata tedesca.
Scrisse, in proposito, Gino Buscaini: “per la sua conquista s’erano impegnate le migliori cordate dell’epoca; per alcuni anni, il limite Steger-Wiesinger parve insuperabile e il loro fazzoletto abbandonato fra gli strapiombi sventolava a costituire una storica sfida”.
L’undici di agosto si formò la cordata Comici-Dimai e la salita che riuscirono a compiere nei giorni successivi è entrata di diritto nella storia dell’alpinismo mondiale.
La linea scelta e che fu salita non seguiva i punti di minor forza della parete, non si snodava per canali, camini, spigoli e diedri. Per la prima volta nell’alpinismo Comici e i Dimai
“imposero la loro scelta alla montagna” come scriverà Spiro Dalla Porta Xidias in “Emilio Comici. Mito di un alpinista”. Fino ad allora di fronte una parete liscia e verticale si tornava indietro, non si tentava nemmeno la salita ma questa volta gli alpinisti scelsero di cercare “il facile nel difficile” cercando di mantenere la linea più pulita possibile, imponendo la loro volontà e “la creazione si è imposta alla materia, la via è diventata proiezione dell’io sulla roccia” come scrisse sempre Spiro Dalla Porta Xidias.
Per superare i primi 250 metri, un muro verticale a tratti anche aggettante, nei passaggi più impegnativi Comici e i fratelli Dimai fanno largo uso di mezzi artificiali e solo per questo tratto utilizzeranno 75 chiodi, uno ogni tre metri. In tutto ne useranno 90, come scrisse lo stesso Comici: “Ci sono serviti novanta chiodi da roccia e quasi cinquanta moschettoni, quindi anche moltissima corda e moltissimo tempo, ma ce l’abbiamo fatta”.
Dopo il bivacco della notte del 13 all’alba del 14 agosto Giuseppe Dimai raggiunse la vetta di Cima Grande seguito dal fratello e da Comici, che il giorno prima aveva ceduto allo stesso Giuseppe la conduzione della cordata per la grande stanchezza e per improvvisi crampi agli avambracci.La scelta di un così ampio utilizzo di mezzi artificiali suscitò forti critiche nell’ambiente alpinistico, tuttavia, anche i fratelli Dimai sottolinearono che “senza l’utilizzo di tutto quel materiale non sarebbe stato possibile per loro completare la scalata”. Un altro punto che fece discutere a lungo era la “non totale autosufficienza” della cordata, con un cordino recuperavano materiale e provviste da terra grazie al supporto di persone alla base della parete.
Lo stesso Julius Kugy scrisse all’amico: «Adesso è provato che la Nord della Grande non era una parete arrampicabile» riferendosi all’utilizzo di ausili artificiali per completare la salita.
Il 2 settembre del 1937 Emilio Comici fugò ogni dubbio sulla logicità della linea. In sole tre ore e quarantacinque minuti salì in solitaria la via aperta con i fratelli Dimai quattro anni prima mettendo a tacere gli ultimi strascichi polemici. Tuttavia, lo stesso triestino scrisse dopo aver realizzato l’impresa: «C’erano tanti chiodi… povera parete nord!».
Cronistoria della Comici-Dimai dopo la prima salita
1933 – 11 e 12 settembre i fratelli Peter e Paul Aschenbrenner realizzano la prima ripetizione della Comici-Dimai. Le successive dieci ripetizioni saranno tutte opera di cordate tedesche e tra queste anche la prima senza bivacco di Arthr Herlin e Josef Reischmann.
1934 – La prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo Raffaele Carlesso con Giovanni Battista Vinatzer.
1937 – Prima solitaria di Emilio Comici.
1938 – Prima invernale: Josef Brunnhüber, Fritz Kasparek.
1956 – Gli “Scoiattoli di Cortina” Claudio Zardini, Claudio Bellodis, Beniamino Franceschi e Albino Michieli ripetono la via Comici-Dimai e la “puliscono” togliendo in tutto ben 110 chiodi, gli apritori ne avevano utilizzati 90.
1956 – Prima solitaria invernale di Toni Egger.