News

Gino Soldà, alpinista e partigiano, proclamato “Giusto tra le Nazioni”

Il ruolo svolto dall’alpinista vicentino nella Resistenza era riconosciuto da tempo. Ora per il suo contributo alla salvezza di una famiglia ebrea nel 1944, è stato inserito nell’elenco dallo Yad Vashem, Museo della Shoah di Gerusalemme

“Non si aggrappa alla roccia ma la sfiora, la tocca appena con le punte delle dita, con la punta dei piedi. Senza esitazioni ma senza scatti, sembra che egli non salga, tanto i suoi movimenti non mostrano sforzo alcuno. Superiorità del suo stile!” Così Gaston Rébuffat, marsigliese diventato guida di Chamonix, descriveva l’arrampicata di Gino Soldà, uno dei migliori alpinisti italiani (e non solo) di tutti i tempi. 

Nato a Valdagno nel 1907, scomparso a Recoaro Terme nel 1989, Soldà scopre la roccia sulle Piccole Dolomiti, e poi lega il suo nome a straordinarie vie nuove sulla Marmolada, sul Sassolungo, sul Piz Ciavàzes e sulla Torre di Babele. 

Nel 1954, a 47 anni, dà un contributo importante alla spedizione italiana che sale per la prima volta il K2. Per decenni è tra le migliori guide alpine delle Dolomiti. Come imprenditore, fonda e gestisce un’azienda per la produzione di scioline. Nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale resta a lavorare sulle Dolomiti, dopo l’8 settembre torna a Recoaro per partecipare alla lotta di liberazione partigiana. 

Dopo aver contribuito a fondare il battaglione autonomo Tordo Valdagno, lo comanda per buona parte del 1944, attaccando le forze della Repubblica di Salò a San Vito di Leguzzano. Nel gennaio di quell’ anno terribile, conduce in salvo in Svizzera il tenente inglese James Arthur Riccomini e il capitano australiano Harold Peterson.

I meriti di Gino Soldà come partigiano sono noti e celebrati da tempo. Pochi giorni fa, l’8 luglio, è stato riconosciuto il ruolo da lui svolto per salvare dalla deportazione e dalla morte una famiglia di ebrei. 

Soldà, insieme a quattro altri italiani (suor Luigia Gazzola, suor Gemma Paoletto, Nazzareno e Anna Damiani) è stato ufficialmente inserito nell’elenco dei “Giusti tra le Nazioni”, che viene attribuito dallo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme, a persone non ebree che salvarono anche un solo ebreo dal genocidio. Tra i quasi 30.000 Giusti censiti e riconosciuti fino a oggi, 800 sono italiani. 

A svelare il ruolo di Soldà e di suor Gemma Paoletto è stata Beatrice, una signora ebrea nata a Varna (Bulgaria) ma cittadinanza italiana, che ha chiesto di non diffondere il suo cognome. Nel 1943, per sfuggire alle persecuzioni in patria, la famiglia di Beatrice (che aveva 10 anni) si rifugiò a Velo d’Astico, in Veneto. Insieme alla madre, la bambina fu ospitata e protetta nell’istituto delle Dame Inglesi di Vicenza.

“Nel febbraio del 1944 le religiose consigliarono alla famiglia di fuggire in Svizzera. Grazie a documenti falsi procurati da Torquato Fraccon (Giusto tra le Nazioni dal 1978) e dal figlio Franco, Beatrice, con il falso nome di Maria Teresa Rossi, e i suoi genitori cercarono di espatriare in Svizzera con la guida di Soldà, che le accompagnò a Maslianico, sul confine con il Canton Ticino” racconta Alessandro Lancelotti su Il Giornale di Vicenza. 

Ma la prima fuga non basta. Come nel caso di Liliana Segre e dei suoi, la famiglia di Beatrice viene respinta dai gendarmi svizzeri. Al contrario della futura senatrice a vita milanese, che viene arrestata e condotta ad Auschwitz, la fuga della famiglia aiutata da Soldà prosegue tra Lodi, Bergamo e Vercelli.

I tre vengono ancora aiutate dalle Dame Inglesi di Vicenza. Poi, negli ultimi mesi prima della Liberazione, hanno un ruolo decisivo il giovane seminarista Pietro Damiani, suo padre Nazzareno e sua madre Anna, che vivono in Val d’Intelvi, tra il Lago di Como e la Svizzera. 

Il riconoscimento che lo Yad Vashem ha attribuito a Gino Soldà, alle due suore e ai Damiani, ricorda ancora una volta che migliaia di italiani, nel momento più duro della nostra storia, rischiarono la vita per opporsi alla barbarie nazista e fascista.
E accende una piccola luce di speranza in un Medio Oriente insanguinato da una guerra di sterminio e dal terrorismo. C’è bisogno di nuovi “Giusti”, per riportare la pace tra Israele, Gaza e il resto della Palestina.     

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close