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In viaggio sull’Appennino: il Fumaiolo e colui che volle qui il turismo

di Gian Luca Gasca

fumaioloVERGHERETO, Forlì — Quest’oggi il mio percorso appenninico, in cui mi sono imbarcato il 5 ottobre, fa tappa sulla vetta del Fumaiolo. Montagna simbolo d’Appennino ma non solo. Il Fumaiolo, con la sorgente del Tevere, è stato icona di un impero e poi di un regime. “Un tempo qui eravamo in provincia di Firenze” mi racconta Franco Rossi, proprietario del rifugio Biancaneve e padre di Valentino Rossi, curiosi casi di omonimia appenninica “poi il Duce ha voluto inserire la vetta del Fumaiolo con le sorgenti del Tevere in provincia di Forlì, la sua provincia natia.” Essenzialmente l’ha fatto per potersi fregiare di essere nato nella stessa area in cui ha origine il fiume simbolo di Roma chiarisce ma, ufficialmente, le motivazioni sono altre: “negli scritti l’idea di separare la montagna tra le due provincia nasce dalla voglia di semplificare l’amministrazione del territorio per Firenze. Così ci siamo ritrovati con una cultura toscana in terra romagnola.”

Quest’oggi Franco si è offerto di portarmi a valle, alla prima fermata utile per prendere un autobus diretto verso l’Umbria. Devo dire che è una manna dal cielo, perché altrimenti questa mattina sarei dovuto partire ben prima delle prime luci dell’alba. In macchina scendiamo velocemente lungo la strada percorsa il pomeriggio precedente, quando un viaggio infinito mi ha portato, con soli tre cambi di autobus, a Le Balze, frazione da cui inizia la salita verso la montagna.

Ho scelto di salire in vetta seguendo un intrico di sentieri che, incrociando due o tre volte la strada asfaltata, porta nei pressi del rifugio Biancaneve. Una struttura, mi racconta il mio gentil autista, voluta da Don Quintino Sicuro. Un ex maresciallo della Guardia di Finanza che, stanco di quella vita, ha scelto di ritirarsi sui monti diventando un eremita. “Girò parecchio prima di venire sul Fumaiolo” afferma Franco “ovunque andasse c’era sempre gente che lo disturbava poi qui si imbatté nell’eremo di Sant’Alberico dove rimase per un periodo su invito del parroco.”

Franco si interrompe quando gli squilla il telefono al suono di Thats Amore, sono i compagni che lo aspettano per andare a castagne, “In realtà delle castagne non frega niente a nessuno” mi fa, “è per farsi una bevuta e una mangiata in compagnia. Ma torniamo alla storia: “Dove eravamo? Ah sì, Sicuro pian piano si innamora di questo eremo e decide di stabilirsi lassù. Sono i primi anni ’50 quando inizia a sistemarlo con l’aiuto della popolazione che nel frattempo ha capito la sua scelta radicale.” Mentre racconta, le mani volano a destra e a sinistra. Gesti interrotti ogni tanto dalle curve che lo costringono a portare entrambe le mani al volante. “Devi capire” riprende alzando il braccio destro dopo un tornante “che Don Alberico è stato un personaggio importante per il Fumaiolo perché è lui che ha voluto il turismo. Non era solo un eremita, ci teneva anche al benessere della zona. Se oggi c’è il rifugio Biancaneve in vetta al Fumaiolo è merito suo ed è stato sempre lui a portare le prime sciovie.” Qui lascia per un secondo entrambe le mani: “Era un grande! Pensa che aveva fatto un giuramento alla Madonna, aveva promesso che se fosse riuscito a prendere i voti sarebbe andato a trovarla. Ebbene li ha presi e dopo è andato fino a Lourdes a piedi.” Afferma con voce orgogliosa “Che tipo! Ora vogliono farso santo”.

Franco mi saluta mentre scarico lo zaino, è già in ritardo per la castagnata e deve scappare. Io parto, scendo verso Assisi, cambio regione e passo da un santo ad un altro.

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