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Un progetto straordinario per immortalare in eterno la luce delle Dolomiti

Un progetto che ha come fine il fotografare la Dolomiti. Scritta così non suona come una grande novità, qualcosa di cui vale la pena raccontare nell’epoca in cui chiunque può immortalare le vette, anche solo con il proprio smartphone o con una reflex. In realtà è proprio lo strumento scelto dal fotografo e cameraman altoatesino Kurt Moser che rende il suo obiettivo un’avventura fotografica.

“Vogliamo onorare le Dolomiti, ora patrimonio naturale mondiale dell’UNESCO, con immagini che dureranno nel tempo come le stesse montagne. Abbiamo così ripreso un metodo arcaico di fotografia: la ambrotipia”.

Non solo quindi un’immagine istantanea, ma un’immagine eterna e permanente, riscoprendo una tecnica antica, che fu all’origine della fotografia; un’esigenza che nasce dalla convinzione di Moser che nessuna tecnica moderna al mondo sia in grado, anche solo approssimativamente, di raccontare in un linguaggio visivo così intenso le storie di queste montagne.

L’Ambrotipia, il nome deriva dal greco “ambrotos”, che significa “immortale”, fu sviluppata nel 1850 da Frederick Scott Archer. Con questo procedimento, lastre di vetro nere vengono dapprima rivestite con un’emulsione di collodio miscelata appositamente, in seguito sensibilizzate in un bagno d’argento ed infine impressionate in una telecamera a soffietto di grande formato. La fotografia ancora bagnata viene sviluppata in una camera oscura, e poi fissata e sigillata con olio profumato alla lavanda e resina Sandarak. Le lastre di vetro scintillanti d’argento sono le immagini positive e di conseguenza uniche. Un’immagine realizzata con l’ambrotipia non può essere copiata o riprodotta, né ridotta o ingrandita. Ogni lastra di vetro è un “unicum” irripetibile. La reazione degli elementi chimici è imprevedibile e ogni volta diversa. Alcune variazioni sono inevitabili. Per questo motivo le immagini risultano essere esteticamente dei pezzi unici, paragonabili alle impronte digitali umane. Nascono immagini che durano nel tempo.

Se fino ad ora Moser ha utilizzato una macchina fotografica a soffietto dell’anno 1907, grande quasi due metri, con cui possono essere prodotte ambrotipie su vetro fino ad un formato di 50 x 60 cm, adesso il progetto si spinge oltre: l’intenzione è trasformare un vecchio camion militare russo in una macchina fotografica gigante per immortalare le Dolomiti.

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Un commento

  1. Si rischia, causa crolli qua e la’, di dover rifare le foto.Si eternizza ( supporto vetroso permettendo che pure quello non e’ eterno)..un momento .Pure le guide escursionistiche con itinerari di vario impegno e dettagliate relazioni di scalate..poco a poco diventeranno obsolete..da riscrivere .Aspetto positivo:mettendo le stesse foto scattate in anni successivi in sequenza..si ha l’evoluzione della montagna.Come per i ghiacciai..un secolo fa ed ora.

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