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Lovari: difendere il Sagarmatha

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SIENA — E’di pochi giorni fa l’allarme lanciato da Unep e Wwf sull’ondata di estinzioni che ha visto scomparire oltre 800 specie negli ultimi 500 anni e sui pericoli connessi alla perdita di biodiversità corsi dal nostro pianeta. L’allerta fa discutere la comunità scientifica.

Interviene sulla questione Sandro Lovari, docente dell’Università di Siena e socio del Comitato Ev-K²-CNR, uno degli enti italiani di ricerca più attivi sul tema, che proprio la settimana scorsa ha

Sandro Lovari è titolare della cattedra di etologia dell’Università di Siena, si occupa di fauna di montagna da oltre trent’anni e lavora in Nepal con il Comitato Ev-K²-CNR dal 1989. In passato, ha lavorato a Parma, Cambridge, Groning e Stoccolma e Camerino.

consacrato il suo impegno nella valorizzazione delle specie in via di estinzione firmando un accordo di collaborazione con il WWF Nepal per la tutela del leopardo delle nevi.

 
Professore, qual è il suo parere scientifico sull’allarme lanciato al convegno di Curtiba?
Per gli scienziati, nulla di nuovo, in realtà! L’allarme è chiaro, ma fino a quando le programmazioni economiche, industriali e ambientali verranno fatte a breve o a medio termine, è ingenuo attendersi fondamentali cambiamenti di tendenza alla perdita di diversità biologica. Si può soltanto sperare che un numero sempre maggiore di stati, gli Usa per primi, attuino correttivi concreti all’inquinamento e distruzione ambientale da essi prodotti. Peggiore sarà la pubblicità fatta dai mass-media nei loro confronti, maggiori saranno le probabilità di un’inversione di tendenza…
 
Quali sono gli ecosistemi più a rischio?
Gli ecosistemi di montagna sono particolarmente delicati a causa, per esempio, della lenta o lentissima ricrescita della vegetazione: più l’altitudine è elevata, maggiore il tempo richiesto per rimarginare una “ferita” ambientale. Il Comitato Ev-K²-CNR, con i suoi progetti concentrati in alta quota, da anni si occupa di questi temi in Himalaya e altri gruppi montuosi dell’Asia Meridionale.
 
I suoi programmi di ricerca come contribuiscono alla conservazione degli ecosistemi?
Il mio gruppo di ricerca ha svolto per circa una decina di anni lavori nel Parco Nazionale del Monte Everest, in Himalaya. Ci siamo concentrati sia sull’avifauna, sia sui grandi mammiferi. Gli uccelli di foresta corrono un forte rischio a causa del degrado boschivo, lungo la maggior parte del percorso che risale la valle dell’Everest. Questo degrado pone a rischio anche i mammiferi che vivono nelle foreste, per esempio il mosco (un cervide primitivo).
 
Le praterie d’altitudine, alle quote superiori, sono ancora più importanti per il ritorno di uno dei grandi mammiferi d’alta quota: il leopardo delle nevi, spontaneamente tornato nella Valle dell’Everest dal Tibet, circa 4-5 anni fa. Su questo felide, a rischio d’estinzione in tutto il suo areale, dal Kazakhstan alla Mongolia, stiamo iniziando un apposito studio quinquennale sotto l’egida dell’ Ev-K²-CNR e del WWF-Nepal.
 
Sara Sottocornola
 
Nella foto: un’immagine del leopardo delle nevi scattata dal team di Sandro Lovari in Nepal.

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