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Everest: morti e ancora morti!

È un massacro a orologeria. Una specie di mattanza selettiva d’alta quota. E se qualcuno, stavolta, dice che c’entra la montagna, che il cielo lo fulmini. Due trentacinquenni schiattati in discesa verso colle Sud dopo essere stati in vetta. Cecità, perdita dell’orientamento, coma, morte. Fine!

Scrissi tempo fa che se quel che accade su alcune montagne, nel caso l’Everest o il Lhotse, accadesse su una pista automobilistica, durante una maratona o una gara di corsa in montagna ci sarebbe una grande reazione emotiva nel mondo dello sport e degli appassionati, fino a interrompere la gara per farsi delle domande sulla possibilità di ridurre rischi e morti. Ma l’alpinismo non è sport, ce lo dicono autorevolissime voci di alpinisti, salvo poi paragonare la salita di un ottomila ad una medaglia olimpica. È libertà, è solo gioia di vivere e talvolta morire.

Due anni fa quando sono morti 17 sherpa sotto una valanga di ghiaccio sull’ice fall, la cascata di ghiaccio sopra campo base all’Everest, venne fermato il gioco. Anche l’anno scorso accadde la stessa cosa dopo i morti, tanti, del massacro al campo base per il ghiacciaio franato a causa del terremoto. Quest’anno no. Hanno deciso di morire di mal di montagna. Per la verità uno sherpa pochi giorni fa è incappato in un incidente mortale “sul lavoro”, sopra campo due.

Muoiono gli alpinisti di mal di montagna, di sfinimento, di ipossia. Due nepalesi inesperti al Makalu anche da intossicazione da monossido di carbonio.

Quest’anno, per capirci, è come con gli incidenti stradali. Se in molti si mettono per strada per andare in vacanza, ma anche al lavoro, gli incidenti ci saranno: è una questione statistica. Ma se dei molti alcuni sono particolarmente imprudenti e vogliono a tutti i costi arrivare in fretta o non conoscono le insidie del sonno o della pioggia, allora la percentuale di incidenti gravi aumenta. Chi deve intervenire e come per limitare i rischi e i danni? Difficile dirlo. Ma certo 400 persone sulla via normale dell’Everest in poche ore sono un’enormità: statisticamente ci sta che qualcuno muoia.

Bisogna capire se è moralmente accettabile, se possiamo prenderlo come dato di normalità. Come gli incidenti d’auto. Anche se per le auto esistono regole e campagne dissuasive e anche sanzioni. Mi sto incamminando su un sentiero pericoloso.

Poi andrebbe capito se le agenzie che organizzano le spedizioni commerciali, Seven Summit pare particolarmente colpita quest’anno, hanno delle responsabilità. Probabilmente no. Loro forniscono servizi a richiesta, ma di certo non rispondono della capacità dei loro clienti. E i governi che rilasciano i permessi? Hanno qualche responsabilità o semplicemente adottano la politica dell’intanto incasso e poi si regolino loro assumendosene la responsabilità. “Avanti signori c’è posto”. Per tutti, anche per il business del recupero dei cadaveri con gli elicotteri.  Lecito e sacrosanto, per carità. Anche per chi scrive (noi) l’argomento fa numeri e clic.

Ancora una volta mi vien da considerare che le spedizioni commerciali non sono buona cosa. Sviliscono la montagna, l’alpinismo e anche la libertà degli alpinisti, che non è quella di andare in cima a tutti i costi, ma di tentare di salire su una vetta con i propri mezzi e capacità.

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19 Commenti

  1. Non sono d’accordo, l’alpinismo è sport e forse lo è molto di più di tante altre attività. Nell’alpinismo ci sono le rivalità, le gelosie, le invidie e le gare a salire per primo le cime, tanto è vero che ci sono tutte le statistiche delle prime, seconde…ecc. salite, come in tutti gli sport. Ovviamente non ci sono le coppe o le medaglie a premiarti, ma c’è in palio la fama e la notorietà e di conseguenza l’arrivo degli sponsor a sostenerti. Come in tutti gli sport c’è chi lo fa a livello professinistico e chi a livello amatoriale.
    Se io prendo una moto e tento di imitare Valentino Rossi va da sè che mi schianto alla prima curva, sta a chi lo pratica ad avere l’umiltà e soprattutto la conoscenza delle proprie capacità.

    1. Concordo con l’osservazione. Non è che l’alpinismo non sia uno sport, è che nell’alpinismo manca la grande reazione emotiva che ci sarebbe in altri sport di fronte alle tragedie. Forse uno dei motivi è proprio perché quando un alpinista muore in montagna, altri alpinisti scrivono che “è schiattato”..

      1. Schiattare non ha un accezione necessariamente negatva. Nel caso, schiattare, usato in modo gergale da un “alpinista” (grazie) , sta a significare morire d’esaurimento, di sfinimento, ipossia e ipotermia in mezzo a 400 persone, assurdamente; per una scelta, quella di salire l’Everest in quel modo, che ha così un costo inaccettabile e svilisce, questo il mio parere, perfino l’atto supremo della morte. Dopo aver svilito ma importerebbe meno di fronte alla morte, il valore delle montagne e di 200 anni di alpinismo. Sempre questione del “dito e la luna”.

  2. La responsabilità è di chi vende mete ad una clientela che non sembra avere sufficiente esperienza. Senza questa la capacità di scegliere se continuare o scendere anzitempo è falsata e le conseguenza non possono che essere tragiche, visto l’ambiente.

  3. Sto leggendo i suoi ultimi articoli, e non conoscendola mi sono informato su chi è e cosa fa… e a questo punto mi chiedo: perchè? perchè un alpinista navigato, che dovrebbe ben conoscere lo stimolo e la motivazione a salire in vetta, si scaglia ormai contro tutto e tutti, capisco l’odio verso un alpinismo scellerato, sconsiderato, senza rispetto della vita e della montagna, ma qua si parla, in molti casi, di morti comuni, di cose che in montagna, specie in alta quota, succedono… l’everest è stato fermo due anni, ora riapre, e ricominciano a morire come sempre è successo, mal di montagna, sfinimento, tutte cose che su un 8000 possono succedere… spesso anche ad alpinisti con grande esperienza… sembra quasi che stia cavalcando l’onda sensazionalistica che la redazione stessa ha condannato nell’articolo sui media… io non sono un alpinista, vivo la montagna da semplice appassionato di trekking senza nessuna velleità di vetta, ma uno come lei, che ha scalato e non poco, dovrebbe sapere meglio di me quanto l’alpinismo, che è uno sport a tutti gli effetti e non “un gioco”, comporta dei rischi, che si sia in himalaya piuttosto che sul monviso…

    1. Non apprezzo le spedizioni commerciali. Non mi piace chi usa l’ossigeno sugli 8000, e anche strani farmaci. Commento l’alpinismo imalayano perchè lo conosco abbastanza e cerco di spiegarne il significato e il valore dal punto di vista della mia esperienza. Tutto qui. Morti comuni? Sicuro?

  4. Partecipare a una spedizione e’ sempre una decisione personale, ognuno sa il rischio che corre. Gli organizzatori raramente richiedono esperienza o attitudine, specialmente quelle nepalesi, una volta pagato sono affari propri. Perche’ le autorita’ nepalesi dovrebbero interessarsi die rischi die turisti ?
    Le piu’ civili e progredite nazioni del mondo producono e vendono armi, munizioni ed esplosivi a chiunque, senza curarsi di quanta gente verra’ uccisa in conseguenza. L’importante e’ incassare.

  5. Sono d’accordo con Agostino ( …una volta tanto!). Anche per colpa delle spedizioni commerciali l’Everest si è trasformato nella tragica caricatura di se stesso. Nulla o quasi nulla in comune con il senso autentico dell’alpinismo. Mountain Wilderness da qualche tempo sollecita una riflessione della comunità alpinistica sulla liceità dell’uso dell’ossigeno in quota, paragonabile a una droga dopante. Carlo Alberto Pinelli

  6. Attività come l’alpinismo himalaiano non sono prescritte dal dottore. Ognuno è libero di fare quello che vuole accettando ovviamente gli altissimi rischi che nessuno ignora quando sceglie di salire un ottomila. Si può fare un paragone con l’astronautica. Se si va nello spazio e si muore nel tentativo inutile recriminare e fare moralismi. Sono cose estreme, vanno così, non è la cima dolomitica, è l’Himalaya. Chi ci va si consideri aspirante morto in una percentuale significativa, non certo lo zero vigola zero zero del normale alpinismo. E gli altri non lo giudichino.
    Se mai si possono fare recriminazioni sul pesante prezzo pagato dall’ambiente naturale in termini di inquinamento e degrado.

  7. Ma si andiamo tutti sull’Everest in estate, fermando il vento, con uno o due che ti spingingono forte su per il culo da dietro, montiamoci pure una seggiovia. Andiamo a giocare a pallone in vetta al Cho Oyu tirati su con lo slittino a padelletta. Proviamo a scendere con gli sci dal Gran sasso con la nebbia che non ti vedi i piedi. Andiamo a 150 metri sott’acqua con qualcuno che respiri al posto nostro che ci porti giù per mano e con il mare forza 9.

  8. Purtroppo è la logica conseguenza del consumismo.Mi compro la moto come quella di Rossi , quindi mi posso permettere le stesse manovre, su strada.
    La griffe, come per magia, irradia il suo potere estendendo le magiche capacità dello sciamano. Purtroppo le tragedie , anziche’ un deterrente, diventano un incentivo , o almeno un motivo cinico di orgoglio per chi ce l’ha fatta, nascondendo se portato su di peso e facendo correre rischi alle guide.Un buon taglio alle foto o al filmetto e …si e’ come nei documentari dei big.

  9. Osservato i filmati di diverse spedizioni sull’ Everest, si puó dire che mostrano sempre lo stesso: nessun rispetto della natura, inadeguata capacitá fisica & mentale, molta arroganza di conquista contro la montagna. In sostanza il due piedi dimostra in un modo eloquente la stupiditá che appartiene a questa strana e distruttiva specie venuta dal nulla denominata HOMO STUPID.

  10. no, non bisogna capire se e` moralmente accettabile, accettabile per chi ? per l’opinione pubblica che non sa nulla di montagna e pretende di imporre la propria morale ? o per chi muore che sicuramente ha accettato di correre quel rischio ? penso che ci partecipa ad una spedizione commerciale anche se relativamente inesperto ne conosce i rischi. certo le agenzie delle spedizioni dovrebbero dare chiare indicazioni sui rischi, spero sia cosi` se non lo fanno e` grave. l’unica misura razionale sarebbe limitare l’accesso, il numero chiuso, tot all’anno, questo limiterebbe i possibili incidenti statistici e in piu` quelli dovuti al sovraffollamento. e` ragionevole pensare che si possa fare ? non lo so, non conosco il mondo dell’alta quota. ma il problema non e` solo in alta quota, ci sono incidenti sul monte Bianco, gli incidenti in valanga, e ultimamente i morti con le tute alari, tutti in aumento a causa del maggior numero di praticanti. e l’aumento e` conseguenza di una maggiore confidenza e conoscenza di ambienti e attivita` a rischio, il consumismo e l’aspetto commerciale sono conseguenze, non cause. tutto cio` e` immorale ? io non credo, e` liberta` individuale portata alle estreme conseguenze.

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