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40 anni dal terremoto in Friuli: il racconto di chi l’ha vissuto

Testo di Gian Luca Gasca

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Remigio Carlì

PINZANO AL TAGLIAMENTO, Pordenone — Suonavano le campane la sera del 6 maggio 1976 a Pinzano al Tagliamento, in Friuli. Erano le 21 spaccate, ma quelli che si diffondevano nell’aria non erano i classici rintocchi. “Era un suono sinistro”, racconta con voce commossa Remigio Clarì, l’uomo dalla barba bianca. “Inizialmente non capivamo cosa stava succedendo, c’era un fracasso! Gli animali parevano impazziti. In cielo c’erano stormi di uccelli e poi è andata via la luce. Ad un certo punto non riuscivo più a stare in piedi. Sono caduto, tremava tutto”. Nella sua mente sono ben impressi quei sessanta secondi di terrore lasciati dalla scossa di magnitudo 6,4 che ha colpito il Friuli Venezia Giulia provocando quasi mille morti e più di centomila sfollati.
Sono stati molti i comuni colpiti, alcuni sono stati completamente rasi al suolo, altri no. Tra quelli più danneggiati ci sono Gemona, San Daniele, Sequals e Pinzano al Tagliamento, dove il terremoto pare quasi non esserci mai stato.

L’orco dormiente e innominabile
Pinzano al Tagliamento è un paese di duemila anime ai piedi delle Alpi. Vagando per le sue vie sembra quasi di camminare in un antico borgo di due o trecento anni, ma qui quasi nulla ne ha più di quaranta. Tutto nuovo tranne il campanile, quello ha retto. Il resto: le case, le chiese, il comune, i monumenti li hanno dovuti ricostruire. Hanno usato il metodo dell’anastilosi (hanno raccolto ogni mattone, ogni frammento, l’hanno numerato e poi l’hanno rimesso al suo posto), impiegando mesi per fare tutti i lavori, ma alla fine, che risultato. A ricordare il passaggio dell’orcolat, il mostruoso orco dormiente che se svegliato fa tremare la terra, ci sono il campanile e gli anziani superstiti che non lo nominano mai, sia mai che li senta e si svegli.

Valeriano_1976 Comune PinzanoFuori dalle macerie
Il terremoto del ‘76 per i friulani è una data da ricordare e celebrare ogni anno, ma quest’anno è diverso, fa cifra tonda. A tenerci particolarmente a questa ricorrenza è Remigio Clarì, ex albergatore e volontario dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini). In quel minuto ha perso suo padre, l’hanno estratto per ultimo dalle macerie di casa sua, lui e i militari. Non c’era però solo l’esercito a dare una mano, c’erano la Croce Rossa, i Vigili del Fuoco, i Carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza, i gruppi di radioamatori e i sacerdoti dei paesi. “Noi bestemmiavamo mentre scavavamo per tirare fuori i morti e i preti, con le loro tonache sudice e bianche di polvere, ci benedivano lo stesso. Loro erano con noi e capivano cosa stavamo passando. Ora invece i vescovi vogliono fare una messa unica in provincia di Pordenone per ricordare il terremoto, ma a noi non sta bene”. Quest’ultima frase è molto simile a quelle che si sente dire dai superstiti del Vajont sul nuovo memoriale monumentalizzato e delocalizzato in un luogo che non ha né memoria né tempo. Anche qui sta avvenendo la stessa cosa, dimenticando che i sopravvissuti vogliono ricordare nella loro culla, non cercare la spettacolarizzazione. È un momento intimo, che vogliono vivere in comunità, fatto di memoria e dolore e “ogni paese ricorderà il suo dolore a modo suo”.

Silenzio e Tricolore
Mentre racconta, l’uomo sposta dei generatori di corrente. Questa sera li useranno per proiettare un fascio luce sul castello dove un bersagliere intonerà il silenzio ed un Tricolore verrà fatto garrire al vento. “Quella bandiera – dice Remigio – è il simbolo della nostra riconoscenza per l’aiuto che ci ha dato il nostro Paese”. Sì, perché qui a Pinzano, come in tutto il Friuli, sono fieri di quello che hanno potuto fare grazie agli aiuti economici dello Stato. Remigio lo ripete spesso: “Noi abbiamo potuto ricostruire il Friuli grazie agli italiani, grazie a quelle centomila lire che lo Stato gli ha fatto pagare per noi”.

Amici scomparsi e primi amori
Oggi nelle scuole di Pinzano, come in quelle di altri paesi friulani, i superstiti raccontano la loro esperienza. C’è chi parla degli amici scomparsi, chi racconta della tendopoli che i ragazzi avevano soprannominato “camping al sole”, chi del latte condensato (novità arrivata con i soccorsi) e chi dei primi amori nati sotto all’asfissiante caldo estivo di una tenda. Il lavoro però non si ferma a questa giornata di incontro, ma prosegue tutto l’anno con le esercitazioni anti-terremoto. Le prendono molto seriamente qui, e ci tengono a farle bene come hanno fatto con la ricostruzione, eseguita a regola d’arte. Talmente bene che lo Stato ha voluto dare una Medaglia d’Oro al Valor Civile a Pinzano e ai suoi abitanti (riconoscimento che è stato riconosciuto anche ad altri comuni friulani) per l’impegno e per il risultato ottenuto nella riedificazione. Una ricostruzione che è stata possibile grazie alla volontà di un’Italia che ha saputo cooperare per raggiungere un obiettivo comune.

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