Montagna.TV

Valtellina: la coperta sul ghiacciaio funziona

immagine

SONDRIO — La coperta funziona. Il primo esperimento italiano di "protezione attiva", che ha portato sul ghiacciaio del Dosdè, in Alta Valtellina, un maxi telo di 150 metri quadrati con lo scopo di coprire una parte dei ghiacci e preservarli dallo scioglimento estivo, ha avuto gli effetti desiderati. Lo dicono i risultati degli esami dello scorso ottobre: la copertura di geotessile ha salvato 115.000 litri di acqua.

L’esperimento di "protezione attiva", il primo in assoluto in Italia, è stato realizzato dal team di studiosi dell’Università degli Studi di Milano come tentativo di risoluzione del problema del riscaldamento climatico, che negli ultimi anni sta mettendo in ginocchio i ghiacciai di tutto il mondo. L’equipé, guidata dal professore dell’atenea milanese Claudio Smiraglia e Guglielimina Diolaiuti, rispettivamente presidente e componente del Comitato glaciologico italiano e collaboratori del Comitato EvK2cnr, ha lavorato in collaborazione con l’azienda Levissima, che trae l’acqua proprio dai ghiacci interessati dalla ricerca.
 
Il gigantesco telo di 150 metri quadrati, ancorato a 36 massi rocciosi per resistere al vento glaciale, ha coperto una porzione del Ghiacciaio Dosdè Orientale a partire dal 14 maggio scorso. La bianca coperta di geotessile ha agito creando una barriera fisica tra i raggi solari e la neve e il ghiaccio sottostanti, limitandone così la fusione durante il periodo estivo, con un risultato decisamente positivo.
 
A fine ottobre infatti, quando l’esperimento si è concluso, lo spessore di neve non disciolta e di ghiaccio sopravvissuto alla stagione estiva raggiungeva quasi due metri di altezza. Il che equivale a dire 115.000 litri d’acqua salvati, oltre che un importantissimo azzeramento della fusione del ghiaccio sottostante.
 
"E’ certamente impensabile intervenire con strategie di protezione attiva su tutti i ghiacciai italiani – ha dichiarato Smiraglia -, ma visti i risultati più che soddisfacenti che hanno permesso di preservare indenne dalla stagione estiva una parte della neve invernale e tutto il ghiaccio sottostante la copertura, questo approccio potrebbe venire applicato in particolari situazioni. Ad esempio laddove finestre rocciose emerse dalla superficie glaciale agiscono d’estate come vere e proprie trappole di calore ampliando la fusione glaciale e portando in ultima analisi alla disgregazione di interi apparati".
 
"Uno dei prossimi passi della ricerca – continua il professore – sarà quello di riposizionare il geotessile, lo stesso usato nel 2008, su una porzione accanto a quella coperta quest’anno in modo da salvare un’altra parte di superficie del ghiacciaio e consentire in tal modo una migliore distribuzione degli effetti positivi ottenuti".
 
 
Valentina d’Angella
 

Exit mobile version