Alpinismo

Ochoa, data la medaglia d’oro ai soccorsi

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PAMPLONA, Spagna — Hanno rischiato la loro vita per tentare di salvare quella di Inaki Ochoa. Affrontando senza esitazioni una delle più grandi operazioni di soccorso della storia, su una delle più pericolose pareti himalayane: la Sud dell’Annapurna. Purtroppo, non ci sono riusciti. Ma il gesto di questi alpinisti non verrà dimenticato. A testimoniarlo, c’è una medaglia d’oro al valore sportivo, che ora brilla sul loro petto.

Sergei Bogomolov, Alexei Bolotov, Horia Colibasanu, Alex Gavan, Robert Symszack, Minhea Radulescu e gli Sherpa Nima Nuru, Pemba, Ongchhu, Ongchhu W., Chhiring Phinjo e Mingma Dorji. Questi i nomi degli alpinisti medagliati qualche giorno fa dal governo spagnolo di Navarra, regione di nascita di Inaki Ochoa, durante una serata a cui hanno partecipato oltre 1.600 persone.
 
A consegnare la medaglia, insieme al governatore Miguel Sanz, la sua consigliera Maribel García Malo e il direttore dell’Instituto de Deporte Javier Esparza, c’era l’intera famiglia dell’alpinista basco. "Questi ragazzi hanno scritto una pagina indelebile di solidarietà umana – ha detto la madre di Ochoa, Pilar -. Ed è stupendo essere qui con loro, ascoltare i loro ricordi. E’ stato come essere di nuovo con Iñaki".
 
Incredibile, infatti, il calore creato dal pubblico attorno alla squadra dei soccorritori, accolti da una lunga ovazione al loro ingresso nella sala del palazzo Baluarte. E commoventi i ricordi di Ochoa che gli alpinisti hanno richiamato dal palco, a partire dal suo compagno di cordata, Colibasanu (nella foto).
 
Per diversi motivi, alla serata di Navarra non hanno potuto partecipare Ueli Steck, Simon Anthamatten, Don Bowie e Denis Urubko, che si trovava a Seoul per l’assegnazione dell’Asian Piolet d’or. Ma la medaglia d’oro era destinata anche a loro, forse protagonisti più di ogni altro di quel memorabile soccorso. Steck infatti è salito in suo soccorso fino ai 7.400 metri di campo 4, nonostante la bufera per portare dei farmaci, mentre Denis Urubko ha scalato per oltre 24 ore di fila, carico di ossigeno per Ochoa, prima di essere fermato dalla triste notizia della sua morte.
 
Ochoa, 41 anni, 12 ottomila all’attivo, si era sentito male a 7.400 metri sulla parete sud dell’Annapurna lo scorso maggio. Aveva perso conoscenza a campo 4, dopo una giornata di scalata verso la vetta. Scattato l’allarme con la telefonata al base del suo compagno di cordata Colibasanu, i soccorsi sono partiti spontaneamente sia in parete, dove tutti gli alpinisti hanno abbandonato i loro progetti per prestare aiuto, sia in valle, dove sono stati organizzati voli d’elicottero che portassero lassù ossigeno, medici e alpinisti "freschi" che potessero aiutare nella discesa. Purtroppo, Ochoa è spirato per complicazioni polmonari, dopo cinque notti passate a campo 4, incosciente per una grave lesione cerebrale.
 
Dopo la premiazione dei soccorritori, durante la serata è stato presentato il film documentario "La Voz de Iñaki", prodotto da David Marañón, amico e videoperatore di fiducia dell’alpinista basco. Una pellicola che ha commosso la platea, nella quale è la stessa voce di Ochoa, registrata in diverse occasioni passate, a fare da filo conduttore della sua storia. Una storia di passione per la montagna e per l’alpinismo, improntata alla filosofia "imparare a morire significa imparare a vivere".
 
Sara Sottocornola
 
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Foto courtesy Diario de Navarra

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