Alpinismo

Pearson compie la scalata più difficile del mondo

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LONDRA, Gran Bretagna — Arrampicata spinta al massimo grado, di difficoltà e di naturalità. Segna un passaggio storico l’impresa compiuta pochi giorni fa dal climber inglese James Pearson, che ha salito la strapiombante via "The walk of life", sulle scogliere di Devon, con lo stile "hard grit", cioè basandosi esclusivamente su protezioni mobili. Uno stile che ripesca l’autenticità del passato, riduce al minimo gli artifizi. "Una salita memorabile, su quella che è forse la via più difficile del mondo in questo campo" commenta Simone Moro, che ci spiega che cosa significa questo risultato per l’alpinismo.

Prima, sembrava al limite della follia. Poi, come accade spesso nel mondo dell’alpinismo, è diventata storia. James Pearson, 22 anni, ha compiuto quest’impresa con un’eleganza e una naturalezza che fa impallidire i più audaci arrampicatori sportivi. Perchè ha fatto un passo avanti a loro, che si spingono fino al massimo grado del 9a, ma lo fanno protetti dai chiodi resinati e spit che sono a prova di qualsiasi caduta.
 
Lui quel grado l’ha sfiorato fidandosi solo del suo istinto e delle protezioni che lui stesso ha piazzato sulla parete, mentre saliva questa via, già celebre nel mondo alpinistico per la sua altissima difficoltà. "The walk of life" è l’unica via, in Gran Bretagna, valutata con il grado di "E12 7a". Una sigla che pochi ancora comprendono, perchè lo stile "hard grit", emergente e molto apprezzato per la naturalità e il rispetto della montagna, non ha ancora fatto presa sul grande pubblico. A spiegarci cosa significa è Simone Moro.
 
"E’ una via di estrema difficoltà – racconta l’alpinista bergamasco – paragonabile a quelle attualmente fatte in arrampicata sportiva (intorno al 8c), valutata sullo stile hard grit, molto in voga nei paesi anglosassoni. Si tratta di salite in cui si usano solo le protezioni mobili in parete. Niente spit, niente chiodi a fessura. Solo nuts e friends. Quindi non bisogna cadere… e se si cade, bisogna sperare che quelle protezioni tengano. Nuts e friends messi in una fessura di granito come a El Capitain tengono come spit, ma qui, sul calcare e grit stone, è molto più aleatorio".
 
"E’ uno stile pulito – prosegue Moro – una bella “evoluzione”, una variante dell’arrampicata sportiva, poco invasiva sulle pareti e che richiede allo scalatore  un coinvolgimento psicologico altissimo, totale. Nell’arrampicata sportiva, se non ti riesce un passaggio, un movimento o una sequenza ti butti giù ed il gioco ricomincia subito. Nell’hard grit non lo puoi fare con leggerezza. Il rischio è troppo elevato. Quella che ha fatto Pearson è una via di 42 metri: l’evoluzione di questo tipo di arrampicata sta portando e porterà certamente a superare vie di elevate difficoltà con protezioni veloci e trad anche su grandi pareti come qualcuna delle Dolomiti" Qualcuno l’ha già fatto ed i fratelli Riegler di Bolzano hanno per esempio già aperto una via fino all’8a+ senza mettere nemmeno uno spit su una parete di quasi 200 metri.
 
Impegno, difficoltà e pericolo al massimo grado, dunque. A confermarlo è lo stesso Pearson. "E’ la via più difficile e spaventosa che abbia mai provato – ha detto l’alpinista – soprattutto la lastra iniziale: direi terrificante".
 
La via inizia infatti con una lastra liscia a strapiombo sui massi sottostanti. Sopra, si congiunge alla via "Dyer Straits", diventa un filo più sicura ma è più difficile piazzare le protezioni: la roccia è friabile e offre buchi e fessure molto piccoli. Prima di salire, Pearson aveva rimosso tutti i chiodi presenti sulla via.
 
Non sono mancati gli spaventi. Durante il primo tentativo, compiuto quest’estate alle quattro del mattino quando era ancora buio, l’alpinista è precipitato, provato dalla fatica e della pioggerella che aveva iniziato a scendere. La caduta è terminata, fortunatamente, venti metri più sotto grazie alla splendida tenuta di un piccolo friend.
 
"Chissà se la protezione tiene. Se non tiene, assisterò alla morte di un amico?" questi gli assillanti pensieri nella testa del fotografo David Simmonite, autore dell’immagine che vedete a lato. Ma la fortuna ci ha messo lo zampino e al secondo tentativo, Pearson ce l’ha fatta anche se verso la fine, la piogga è ricomparsa facendo tremare tutti quanti.
 
Ma l’alpinista ha avuto sangue freddo per superare la difficoltà. In soli 45 minuti, ha concluso la sua impresa storica.
 
  
Sara Sottocornola

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