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Cavarretta: clima e ambiente, le sfide del Cnr

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BERGAMO —  “La ricerca in alta quota è fondamentale per la conoscenza del nostro pianeta, e il Comitato Ev-K²-Cnr rappresenta, in questo settore, un fattore di eccellenza italiana a livello internazionale”. Così il Direttore del Dipartimento Terra e Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che ieri ha partecipato a Bergamoscienza inaugurando la mostra La ricerca “d’alta quota” e moderando la tavola rotonda in cui l’intellettuale danese Bjorn Lomborg ha esposto le sue teorie controverse e affascinanti.

Prof. Cavarretta, quanto conta la ricerca ambientale per il futuro del nostro pianeta?
Inquinamento e clima sono sfide fondamentali che impegnano la comunità scientifica internazionale. La loro importanza è poi testimoniata dalle cifre impegnate in questo scenario dalla Commissione Europea nel 7° programma quadro. Per l’ambiente sono previsti investimenti per 1,9 miliardi di Euro circa, a riprova di come sia viva la necessità di guidare le scelte dei governanti basandole sulla conoscenza. Ma bisogna leggerle dal giusto punto di vista: non possiamo dire che se un anno piove di più o c’è un’alluvione il clima è cambiato. La domanda è piuttosto: se il clima cambia avremo più alluvioni, più piogge ed eventi catastrofici?
 
Che ruolo ha la ricerca d’alta quota nella crescita di questo tipo di conoscenze? Ritiene sia un settore in cui investire?
Sicuramente sì. Ne sono testimoni i diversi accordi che il Comitato Ev-K²-CNR ha stipulato con diversi Paesi per portare avanti studi molto rilevanti, come quelli sulla composizione dell’atmosfera presso il laboratorio Piramide. Avere una stazione in quota che possa effettuare misure stabili e continue è in assoluto molto, molto importante. E aggiunge validità agli studi, che hanno una base ampia e consistente di dati rispetto a quella di un prelievo spot, come può essere quello effettuato da aerei o palloni-sonda.
 
Quindi la Piramide e il Comitato Ev-K²-CNR due degli strumenti più importanti della ricerca italiana per eccellere a livello internazionale?
Assolutamente sì. Abbiamo avuto dei grandissimi riconoscimenti, che sono tra l’altro in crescita. Il Cnr, tra l’altro, ha anche assunto la decisione – non ancora formalizzata, ma posso anticiparla – di stabilizzare queste strutture con una forma che lo coinvolge più direttamente. Il Cnr presenterà le attività del Comitato sotto l’egida della propria struttura scientifica e non solo come qualcosa che viene sostenuto solo finanziariamente e scientificamente.
 
Oggi ha inaugurato, al Palamonti, la mostra La ricerca “d’Alta Quota”, organizzata proprio dal Comitato Ev-K²-CNR in occasione di BergamoScienza 2006.
Ritengo che sia un’iniziativa di molto valore, proprio perché rivolta a un pubblico allargato e soprattutto ai giovani. La divulgazione, per la scienza, è un fattore irrinunciabile soprattutto data l’accresciuta attenzione della popolazione verso i problemi ambientali. La divulgazione della conoscenza è un valore che va coltivato con molta attenzione, anche perché le politiche governative che deriveranno dagli studi e dalle ricerche scientifiche dovranno essere suffragate dal coinvolgimento della gente, per risultare efficaci. E’ importante, poi, che l’informazione sia fatta in modo corretto e sufficiente, proprio come accade oggi al Palamonti con la mostra sulla ricerca d’alta quota.
 
Quali sono le sfide globali su cui il Cnr ha scelto di puntare?
In campo ambientale, il Cnr ha sette grandi piani che si ritrovano completamente che rispondono alle priorità definite dalla Commissione Europea e dal nostro Ministero dell’Università e della Ricerca. Si parte dalla comprensione del funzionamento del sistema Terra e soprattutto gli scambi energetici tra le diverse sfere: atmosfera, biosfera, idrosfera, litosfera, antroposfera. Poi, naturalmente, ci sono i cambiamenti globali, gli studi sulla qualità e la sostenibilità dei sistemi ambientali, le ricerche sui rischi naturali. Chiudono il cerchio le tecnologie di recupero e risanamento ambientale e l’osservazione della Terra, sia da satellite che da aereo, per monitorare l’evoluzione dell’ambiente e fornire informazioni in tempo reale, per esempio alla protezione civile.
 
Un’opinione su Lomborg, che è stato definito da molti “l’uomo più odiato dagli ambientalisti di tutto il mondo”.
Le sue teorie sono sicuramente stimolanti, anche se contestate da molti, che hanno definito “unilaterale” l’utilizzo che ha fatto dei dati. In ogni caso, il dibattito che ne è nato – testimoniato oggi dall’incontro qui a Bergamo – è prezioso, perché il peso relativo delle diverse cause del riscaldamento globale è ancora sotto esame. Per esempio, gli USA e l’Australia non hanno firmato il protocollo di Kyoto, contestando l’efficacia di una riduzione della CO2 a beneficio del clima. Non posso esprimere in così poche parole una critica al lavoro di Lomborg, ma posso senz’altro dire che questo dibattito certamente è utile perché stimola al progresso e consentirà di essere più sicuri nelle scelte che devono essere operate, sia in un senso che nell’altro.
 
Sara Sottocornola

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