Fughe dai campi base… e l’immondizia?
[:it]Andarsene di corsa dopo essere rientrati dalla vetta, oppure dopo averci rinunciato, è un sacrosanto diritto, in barba alla poesia del rimanere ancora qualche ora a scaricare le tensioni, a guardarsi attorno e poi con calma rientrare a casa. Perché se ne ha piene le tasche di soffrire freddo e fatica, ed è vero che gli impegni pressanti e gli aerei prenotati mettono fretta.
Un po’ meno educato è lasciare il campo base senza aver provveduto alla relativa pulizia, smaltimento compreso. Non è passato molto tempo da quando, proprio sul Baltoro, un gruppo di alpinisti si scandalizzò e ci fu una polemica, perché la spedizione in fuga guidata da un noto alpinista abbandonò qualche quintale di rifiuti al campo base del Broad Peak, che il vento sparpagliò per il ghiacciaio.
Ora, è noto che la sensibilità ambientale degli alpinisti si è molto elevata, ma rimane il fatto che sono 6 le tonnellate di immondizia raccolte sul Baltoro lo scorso anno dagli uomini dl Central Karakorum National Park – CKNP e dall’iniziativa “Keep K2 Clean”, e trasportati per il riciclo e lo smaltimento a Askole, fuori dal ghiacciaio.
Maurizio Gallo, da tempo, cura queste operazioni anche con l’aiuto dell’amico Michele Cucchi. Certo molta immondizia è quella che il ghiacciaio risputa fuori, roba di vecchie spedizioni, anche di venti anni fa. Il movimento e lo scioglimento del ghiaccio produce questo fenomeno ed è bene che qualcuno percorra la morena per fare un po’ di pulizia. Poi ci sono i trekkinisti, pochi purtroppo per il turismo locale, che spesso sono distratti, loro e le loro guide locali, e infine le spedizioni, che magari devono rientrare in fretta e affidano lo smontaggio, la pulizia del campo base e relativo trasporto dell’immondizia a dei locali. Ma non sempre questo accade nel migliore dei modi, nonostante le migliori intenzioni.
Per alcuni anni, e ancora quest’anno, un gruppo di “pulitori” andrà a Concordia, sotto il Gasherbrum 4, per fare il giro dei campi base e per raccogliere man mano la sporcizia che spunta dalla neve o quel che rimane quando le spedizioni se ne vanno. Ormai non tantissimo, è vero, ma qualcosa sì.
Quella dei campi attrezzati di sosta dei trekking è poi una questione spinosa. Questi campi, infatti, sono affidati alla gestione di alcune comunità di villaggio e l’opera di convincimento riguardo la necessità di mantenere pulita l’area è ardua. Ma pian piano… Certo la povertà endemica di queste popolazioni non aiuta, e solo l’idea che la “pulizia” abbia anche un valore economico per il momento sembra fare breccia.
Per il resto il Pakistan rimane certo un Paese complesso, che ha anche ambizioni turistiche che sembrano difficili da perseguire, anche e soprattutto per le questioni legate alla sicurezza. La realizzazione di grandi Parchi Nazionali come quello del Deosai tra il Nanga Parbat e la catena del Karakorum, uno splendido altipiano tra i 3000 e i 4500 metri che d’estate è completamente verde, uno dei posti dove l’orso è ancora numeroso e le marmotte sono enormi e con il pelo fulvo, e lo stesso CKNP, grande come mezza Lombardia e il cui territorio è composto per il 38 % di ghiacciai, possono aiutare lo sviluppo della regione, fornendo risorse e supporto alle popolazioni locali, aiuto alle amministrazioni e associazioni che governano i territori e i processi di sviluppo, dare una mano al turismo che recentemente è cambiato.
Sono rimaste invariate le presenze internazionali, ma sono variate nella composizione, ai turisti occidentali mancanti, un 30%, si sono sostituiti turisti orientali (+ 40%). E’ poi è esploso nel 2015 il turismo interno. Segno che l’economia nazionale non va poi tanto male tant’è che i turisti pakistani provenienti da Lahore o Karachi o Islamabad o altre città, che hanno visitato il Gilgit Baltistan, sono passati da 100.000 a quasi 500.000. Il Pakistan ha poi recentemente proposto all’Unesco di riconoscere il CKNP come patrimonio dell’Umanità.
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