Il fantasma di Mummery al Nanga Parbat
[:it]ISLAMABAD, Pakistan – Daniele Nardi, che sta salendo con Alex Txicon e Alì Sadpara sulla Kinshofer, ha lasciato il campo base questa mattina. Come avevamo anticipato, vorrebbero stare un po’ di giorni sulla parete ed arrivare ad attrezzare la via fino a campo 2 (6100 mt), o comunque il più possibile.
Nonostante ciò, nei giorni scorsi il “tarlo” di Nardi è uscito fuori di nuovo: i tre sono andati sotto lo Sperone Mummery a fare una ricognizione e, per un po’, il fascino della via più bella del versante Diamir ha avuto il sopravvento, tanto da aver fatto nascere in loro il pensiero di tentare la salita da lì. Certo, dalle immagini postate da Alex Txikon, la neve non manca e la valanga fotografata stamani, proveniente dai ripidi versanti orientali della parete Diamir, ne è la sicura testimonianza.
Quel settore della montagna è sempre stato ritenuto il più infestato dalla valanghe, ce lo spiegò Messner quando lo discese col fratello, che ne fu travolto. Chiunque va al campo base lo sa che da lì scendono valanghe in ogni stagione, anche se il grande Mummery nel 1895 si avviò sulla parete proprio al limite sinistro di questa zona di pericolo, su uno sperone che scende in verticale dalla vetta.
Per Nardi, Alex e Alì la logica e il buon senso hanno avuto ragione sulla bellezza dell’itinerario e, alla fine, il gruppo ha deciso di attenersi al programma originario e tentare quindi dalla Kinshofer. Più complessa, lunga, ma anche più sicura.
Proprio Nardi nel gennaio 2014, durante un suo precedente tentativo invernale, raccontò a Montagna.tv un incontro ravvicinato con il grande alpinista inglese.“Sugli ottomila può succedere di tutto. Non solo dove c’è meno ossigeno, non solo dove “l’aria è sottile”, ma anche al campo base, dove l’atmosfera è suggestiva al cospetto dei giganti himalayani. Quello che pubblichiamo è il racconto di Daniele Nardi, attualmente ai piedi della parete Diamir del Nanga Parbat: una storia tra l’onirico e il mistico che parla dello “spirito” di Albert Frederick Mummery andato in visita all’italiano. Del resto l’alpinista laziale vorrebbe scalare in solitaria proprio lo Sperone che prende il nome dal grande scalatore inglese, che su questa montagna trovò peraltro la morte. “Perché è venuto a trovarmi?” – si chiede Nardi.
“Nella notte mi sveglio dallo scricchiolio di alcuni passi che provengono fuori dalla tenda. Sento il rumore avvicinarsi alla tenda, e ad ogni passo la temperatura corporea aumenta ed inizio a sudare freddo, sono pervaso da una tensione strana e dal desiderio di riuscire ad identificare quel suono. Erano i passi di un uomo o di qualcos’altro? Mentre li ascoltavo pensavo a quel suono a metà fra il dolce ed il sordo che si ascolta quando sopra gli 8000 metri i ramponi di un alpinista si conficcano nella neve dura ed il passo lento ti porta verso la vetta. Quel rumore, quei passi avevano un cosicché di umano che proprio non ce l’ho fatta; dovevo sapere. Velocemente esco dalla tenda e mi ritrovo immerso nella notte fonda e un freddo glaciale inizia a pervadere il mio corpo. Mi calmo e vado verso la tenda – continua Nardi -. Faccio fatica ad addormentarmi e prima di farlo compare all’improvviso un immagine, anzi direi una presenza, talmente reale che mi sembra di poterla toccare. Il rumore di quel metallo che si conficcava nella neve inturgidita dal freddo non era un metallo moderno ma proprio un paio di scarponi antichi con dei rinforzi in metallo. Alzo lo sguardo e mi rendo conto che Mummery è venuto a farmi visita. E’ in silenzio li di fronte senza dire nulla, con il suo giacchetto in tweed, gli scarponi in pelle, la pipa in bocca ed i calzoni alla zuava ed i calzettoni di lana lunga. Ne sento la presenza così forte che non riesco a concepire il tutto, è come se mi dicesse di andarlo a cercare; è li che ci sono le risposte. Ma di quali risposte parla? Io cerco la vetta, cerco di vincere fino in fondo il suo sperone, non cerco altre risposte. Perché è venuto a trovarmi? Vorrà dirmi che vuole che faccia attenzione? Perché Mummery è li fuori, ne sono sicuro è lì. Come lo sento allontanarsi al di là della nebbia e della neve, mi addormento come un bambino che conserva tra le sue mani domande e risposte”.
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