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Monte Bianco arriva sui ghiacciai: svolta decisiva per il reality "made in Italy"?

[:it]AOSTA– Critiche e ancora critiche. Di programmi televisivi pensati e realizzati in Italia ce ne sono pochini. Monte Bianco è uno di questi. Ma le critiche, soprattutto in rete, sono aspre e a volte violente nonostante l’impegno organizzativo sul piano tecnico non sia mancato. Magnolia, la casa produttrice , ha impegnato più di 85 persone nella produzione, 12 telecamere tradizionali, 25 GoPro situate sui caschi, 75 ore di volo di droni e 30 ore di elicottero.

Mettere la montagna in televisione si conferma essere impresa non facile. Per anni in molti ci hanno provato trovando di fatto come unico sentiero percorribile quello dei documentari o tutt’al più di spedizioni alpinistiche particolari e rievocative , come per il K2. Nemmeno “Linea Bianca” pensata sul modello di “Linea Blu”, che avrebbe dovuto raccontare “le terre alte” con un piglio agro, silvo, sportivo invernale e condotta per qualche tempo da Manuela Di Centa riuscì a sopravvivere a sè stessa dopo un paio di edizioni.

C’è anche da chiedersi se questa particolare ostilità alla “montagna reality” appartenga soprattutto all’ambiente alpinistico e dei tradizionali frequentatori della montagna, quelli per intenderci che in buona parte sono iscritti al Club Alpino Italiano e alle migliaia di associazioni montane locali i cui nomi transitano da “stella alpina” a “le marmotte” a “i camosci”. O alle antiche associazioni operaistiche che mettono insieme appassionati che il sabato e la domenica se ne vanno per rifugi e crode, oppure gli iscritti all’Associazione Nazionale Alpini che ritrovi in Adamello e sui sentieri della grande guerra.

“Io credetti, e credo, la lotta coll’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede”, scrisse il torinese Guido Rey tra fine Ottocento e primi anni del Novecento. La frase rimase per anni impressa sulle tessere dei più di 300.000 iscritti al CAI. Sostituita qualche anno fa con un’altra , sempre di Guido Rey che dice: “La Montagna è fatta per tutti, non solo per gli Alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte”.

Difficile far apprezzare il format televisivo a punteggio, ancorché spettacolare nei panorami, di buona qualità tecnica e trasmesso in prima serata, a persone che la montagna la gustano con questo condimento.

Quello che invece è difficile da capire è perché il reality, in quanto tale, non ha raccolto finora i numeri importanti del pubblico che normalmente guarda questa tipo di trasmissione e che evidentemente nulla di particolare ha a che vedere con la montagna. Come non fosse riuscito a mettere in campo tutte le particolari tecniche di comunicazione fatte di divi televisivi e protagonisti, di antagonismi, di esacerbazioni di situazioni, ammiccamenti sessuali, tradimenti , turpiloquio, confessioni. Un reality light, che assomiglia più a “Giochi senza Frontiere” che all’Isola dei Famosi, quasi per pudore, una autocensura per rispettare quella “sacralità” della montagna che tanti hanno invece rinfacciato a Simone Moro e alle guide alpine che vi lavorano di aver violato.

Sembra però che il programma prometta di scaldarsi nel finale a partire da questa sera. L’arrivo sui ghiacciai e i primi screzi veri tra le cinque coppie rimaste in gara e qualche battuta al vetriolo di Facci, fanno sperare in un recupero di ascolti forse non dei montanari, certo del pubblico generalista.[:]

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