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(English) Una pulce di ghiacciaio vista al microscopio: spettacolari scatti scientifici in Alta Valtellina

Pulce di ghiacciaio al microscopio (Foto R. Azzoni)
Pulce di ghiacciaio al microscopio (Foto R. Azzoni)

MILANO — Una pulce di ghiacciaio. Un frammento di carbone derivante dalla combustione di biomasse. E vari tipi di batteri. Questo ritraggono le incredibili fotografie al microscopio che oggi vi mostriamo, scattate dal ricercatore e geologo Roberto Azzoni sul ghiacciaio del Dosdè, in Alta Valtellina. Azzoni sta svolgendo il suo dottorato nell’ambito delle ricerche glaciologiche dell’Università di Milano e di Levissima sull’inquinamento e il detrito che si deposita sulla superficie dei ghiacciai alpini favorendone la fusione, coordinate da Claudio Smiraglia.

L’analisi di queste fotografie, del tutto innovativa, si inserisce sui progetti di ricerca del gruppo di Smiraglia sulla quantificazione e caratterizzazione dei detriti su ghiacciaio e della loro influenza sull’albedo, quindi sulla fusione. In pratica, si vuole capire quanto è “scuro” il ghiacciaio e questo detrito che lo scurisce lo fa fondere, riflettendo meno la radiazione solare.

“Sul ghiacciaio individuo un’area di un metro quadro – spiega Azzoni – scatto le foto in alta risoluzione, attraverso di esse quantifico il detrito e poi collego le informazioni ottenute con quelle del radiometro. Questo avviene su piccola scala. Per mappare il detrito sul ghiacciaio su grande scala abbiamo l’ausilio del drone e le immagini satellitari Landsat”.

“Dopo aver scattato le foto raccolgo dei campioni di detrito che vengono analizzati in laboratorio dal punto di vista sedimentologico – prosegue il ricercatore -. Si riesce quindi a capire se si tratta di detrito organico o no, e da dove proviene. Con i biologi della Bicocca facciamo l’analisi del sedimento dal punto di vista della presenza batterica e dell’evoluzione delle comunità batterica sopraglaciale”.

“Siamo rimasti sorpresi per aver trovato molta sostanza organica e un’attività batterica molto sviluppata – spiega Azzoni – ciò può essere ricondotto all’aumento delle temperature. Queste comunità infatti si sviluppano nella stagione ablativa, quando non nevica: più è lunga, più le comunità batteriche trovano condizioni favorevoli alla crescita”.

I rilievi sinora sono stati fatti sui ghiacciai dell’Alta Valtellina, Dosdè e Forni.Uno studio pilota è stato poi condotto sui ghiacciai del Monte Ararat, nella Turchia Orientale. Oltre ai batteri, sono stati trovati frammenti di carbone, sostanza vegetale, legna, polveri. Uno degli aspetti più importanti della ricerca riguarda le sostanze inquinanti.

“Le cenosfere, le sferule che si vedono nella foto al microscopio, sono un sottoprodotto della combustione di idrocarburi e carbon-fossili. La loro presenza è riconducibile alle industrie siderurgiche presenti nel bacino padano. Abbiamo identificato anche residui della combustione di biomassa in camini e stufe, di dimensioni maggiori rispetto alle cenosfere e di origine più locale e particelli di sabbia di origine sahariana. Tutto questo detrito molto fine contribuisce ad annerire il ghiacciaio” spiega Azzoni.

I primi risultati di questa ricerca sono stati presentati al Forum Alpinum di Darfo Boario dove Azzoni ha vinto il Poster Award per il settore Physical Environment. “Ho fatto i primi tentativi nel 2011 con la mia tesi triennale – spiega Azzoni -. La ricerca è continuata nelle stagioni successive. Quest’anno passeremo dall’analisi del metro quadro a quella di tutto il ghiacciaio e poi agli altri ghiacciai d’Italia”.

Si tratta di un metodo che non è mai stato applicato, innovativo sotto due punti di vista. “L’analisi fotografica è nuova per gli studi su ghiacciaio – spiega il ricercatore -. Ma è nuovo anche lo studio sui batteri sopraglaciali e sulla quantificazione delle polveri in questi ambienti alpini. Studi simili sono stati compiuti sulla neve ma non su ghiacciaio”.

Il progetto fa parte della ricerca “Levissima spedizione ghiacciai” che è stata presentata a settembre sul ghiacciaio del Dosdè, in Alta Valtellina, dove l’Università di Milano e l’associazione EvK2Cnr gestiscono da tempo una stazione di monitoraggio glacio-meteorologico afferente al progetto Share. Il nuovo progetto vuole rilevare prima qui e poi su tutti i ghiacciai di Lombardia e d’Italia le polveri il detrito fine che sono presenti sui ghiacciai, che ne riducono la riflettività e ne aumentano la fusione.

 

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