Scienza e tecnologia

L’alta quota danneggia il cervello

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SARAGOZZA, Spagna — L’alta quota danneggia il cervello, e per di più in modo permanente. Lo sostiene un gruppo di medici del Miguel Servet University Hospital di Saragozza, che nei mesi scorsi ha riscontrato lesioni cerebrali permanenti, come atrofia e invecchiamento cerebrale, in una serie di alpinisti che aveva tentato di scalare l’Everest.

I medici responsabili della ricerca – Nicolas Fayed, Pedro J. Modrego e Humberto Morales – hanno sottoposto un campione di una quarantina di alpinisti agli stessi esami (risonanza magnetica, esami del sangue, visita generale) prima e dopo il rientro dalle spedizioni.

Gli alpinisti, tutti tra i 22 e i 46 anni, sono stati impegnati durante l’estate su diverse montagne: 14 hanno tentato l’Everest (8.848 metri), altri l’Aconcagua (6.959 metri), il Kilimanjaro (5.895 metri) e il Monte Bianco (4.810 metri). Nessuno ha utilizzato ossigeno supplementare in quota.

I risultati della ricerca, pubblicati sull’American Journal of Medicine, sono stati sconcertanti.
Tutti gli alpinisti che hanno tentato l’Everest, tranne uno, hanno mostrato lesioni cerebrali permanenti: atrofia in diverse parti del cervello e dilatazione degli spazi perivascolari di Virchow-Robin, fenomeno tipico dell’invecchiamento o di malattie come l’Alzheimer.

Non solo. Ci sono stati anche problemi temporanei: qualcuno ha avuto problemi di afasia, risolti solo sei mesi dopo il rientro dalla spedizioni. Altri hanno avuto temporanee perdite di memoria o problemi di rallentamento delle funzioni mentali.

Per verificare la bontà dell’esperimento è stato creato anche un "gruppo di controllo", composto da persone qualunque che non sono state esposte all’alta quota, alle quali sono stati effettuati gli stessi esami degli alpinisti: i loro esami sono risultati perfettamente normali.

"Fino a pochi mesi fa non c’è mai stato un allarme di questo genere. Se così fosse sarebbe davvero una grande novità nel campo della medicina d’alta quota" ha commentato Paolo Cerretelli, una della massime autorità mondiali nel campo della ricerca medica e fisiologica in alta quota e presidente onorario del Comitato EvK2Cnr.

""Gli studi precedenti sono stati fatti episodicamente su grandi alpinisti – prosegue Cerretelli – e mi risulta che non siano mai stati riscontrati sintomi altro che transitori. Ma oggi c’è sicuramente più possibilità di capire, perchè molta più gente va senza ossigeno ad altissime quote (prima, tolto Messner, praticamente nessuno) e perchè si possono fare esami più sofisticati".

"Sarebbe ora interessante sapere – conclude Cerretelli – che cosa questi alpinisti hanno fatto di preciso: la durata dell’esposizione alla quota e quanto tempo sono stati senza ossigeno".

Sara Sottocornola

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